Lo stallo nell'attuazione dei programmi connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza è l'immagine di come anche un governo a forte trazione «tecnica» non sia riuscito a varcare indenne le paludi del Parlamento. La nomina degli organi collegiali che devono velocizzare le procedure di approvazione delle opere soggette alla gestione commissariale è in ritardo. E per il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, anche questo è un problema non da poco giacché la titolarità dei vari dossier è disseminata fra Palazzo Chigi, Tesoro e dipartimento della Funzione pubblica. Alla fine dell'anno mancano poco più di tre mesi e per quella data la Commissione Ue esaminerà lo stato di avanzamento non solo delle opere ma anche delle riforme che accompagnano il Pnrr. E se il ritmo continuerà a essere quello degli ultimi due mesi non c'è da essere troppo fiduciosi sulla capacità di continuare a ricevere le tranche dei fondi comunitari.
Il problema non è tecnico. È soprattutto politico perché una delle riforme qualificanti come il ddl Concorrenza è stato rinviato perché il clima infuocato per le lezioni amministrativo ha bloccato un provvedimento che prevede numerose liberalizzazioni nel settore energia, telecomunicazioni e trasporti pubblici. Non va meglio per una riforma di accompagnamento che, però, è esplicitamente citata nel Pnrr: quella del fisco. «Sicuramente la delega fiscale verrà portata in uno dei prossimi consigli dei ministri, questo è sicuro e ci saranno tanti temi importanti», ha dichiarato ad Askanews il sottosegretario all'Economia, Maria Cecilia Guerra, aggiungendo che «ci sarà anche un intervento sul catasto, in quale forma, con quali tempi e con quale prudenza dipenderà dall'accordo» che si raggiungerà in maggioranza. E proprio il tema dell'incremento del gettito Imu, escluso dal documento delle commissioni Finanze, ha dato fuoco alle polveri, bloccando anche questo provvedimento. La scarsità di risorse disponibili (per ora si dispone di soli 3 miliardi di euro) impedisce interventi efficaci di riduzione delle aliquote. E mentre la sinistra insiste sulle patrimoniali come mezzo di redistribuzione, il centrodestra fa giustamente melina («L'aumento dell'Imu sarebbe una follia», ha ripetuto ieri Matteo Salvini). La necessità di intervenire sul caro-energia nel prossimo trimestre drenerà ulteriori risorse: la maggior parte dei 3-4 miliardi (ma si ipotizza che la cifra possa salire) che sarà impiegata per la sterilizzazione degli oneri di sistema nelle bollette proverrà dal deficit del dl Sostegni-bis. Quegli avanzi, dunque, non potranno essere impiegati altrimenti e questo priverà la legge di Bilancio di qualche stanziamento dell'ultimo minuto.
Ultimo ma non meno importante è il tema della riforma degli ammortizzatori sociali che si accompagna alla riforma delle politiche attive prevista nel Pnrr. Per queste ultime sono disponibili circa 5 miliardi di euro per la Gol (garanzia di occupabilità del lavoratore), programmi di riqualificazione gestiti dalle Regioni. Per la nuova cassa integrazione, che il ministro del Lavoro Orlando, vorrebbe estendere anche alle micrimprese, solo 1,5 miliardi dalla sospensione del cashback di Stato. Assicurare tutti contro la disoccupazione ha un costo stimato tra gli 8 e i 10 miliardi di euro che le imprese non vogliono pagare. e anche in questo caso (come per il dl anti-delocalizzazioni) il ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giurgetti, si è mostrato buon amico delle imprese inducendo un surplus di riflessione nell'esecutivo. Pure il post-quota 100 appare non privo di incognite: i fondi sono pochi e le ultime indicazioni prefigurano un potenziamento dell'Ape social per i lavori gravosi. Il minimalismo pare, quindi, essere la cifra della prossima manovra.
Ma il Pnrr richiede anche ambizione perché come ha spiegato il vicepresidente della Commissione Ue, il «falco» Valdis Dombrovskis, «Il Pnrr non riguarda solo gli investimenti, gli Stati sono impegnati a perseguire riforme strutturali per assicurare che gli effetti positivi continuino».
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