Anche i primi dati ufficiali resi noti oggi dal Viminale confermano il flop della sanatoria, ossia la norma voluta dal ministro Teresa Bellanova rappresentante di Italia Viva all’interno dell’esecutivo.
Il primo report del Viminale
Già da giorni si attendeva la pubblicazione dei primi dati ufficiali da parte del ministero dell’Interno. Nessuna conferenza stampa e nessuna dichiarazione ai cronisti, dunque gli occhi sono stati rivolti per diverse ore sul sito del Viminale, lì dove i numeri elencati hanno dato una prima fotografia l’andamento della regolarizzazione iniziata esattamente due settimane fa. Un primo banco di prova quindi, non solo di natura tecnica ma anche politica: di mezzo infatti, non c’era soltanto la riuscita o meno della sanatoria, ma anche le tante diatribe interne alla maggioranza su una norma che ha fatto discutere e non poco. Un banco di prova che ha potuto testimoniare, almeno per il momento, il flop della regolarizzazione: dal 1 giugno fino alle ore 13:00 di questo lunedì, sono state 32.000 le domande complessivamente presentate. Di queste, come si legge direttamente dal sito del Viminale, 23.950 già perfezionate e 7.762 in corso di lavorazione.
Leggendo meglio i dati, si evince come gran parte delle domande non riguardino affatto il settore agricolo, che pure alla vigilia era stato quello sulla carta maggiormente interessato dalla sanatoria: “Il lavoro domestico e di assistenza alla persona rappresenta il 91% delle domande già perfezionate (21.695) – si legge nella nota del Viminale –e il 76% di quella in lavorazione (5.906)”. Segno di come sono stati soprattutto colf e badanti ad aver usufruito della sanatoria, c’è invece poca traccia di braccianti e migranti impegnati nel settore agricolo. “Nella distribuzione delle domande per regioni –si legge poi ancora nel report –la Lombardia è al primo posto per le richieste presentate per il lavoro domestico e di assistenza alla persona e la Campania per quello agricolo”.
Interessante anche i dati riguardanti la distribuzione delle domande per Paese di provenienza del lavoratore: ai primi posti risultano Marocco, Egitto e Bangladesh per il lavoro domestico e di assistenza alla persona; l’India, l’Albania e il Marocco per l’agricoltura e l’allevamento: “Su 23.950 datori di lavoro che hanno perfezionato la domanda di regolarizzazione 17.294 sono italiani (il 72% del totale)”, si legge infine nella parte finale del documento del ministero dell’Interno. I prossimi aggiornamenti dovrebbero arrivare fra due settimane.
La norma voluta dal ministro Bellanova
Un decreto legge annunciato tra le lacrime di commozione ma che adesso fa sudare a causa delle difficoltà che sta incontrando per via dei pareri contrastanti emersi anche all’interno della stessa maggioranza. La norma sulla sanatoria dei migranti irregolari presenti sul territorio italiano inclusa all’interno del dl Rilancio è stata resa nota nel corso della conferenza stampa, dopo il Consiglio dei Ministri, il 13 maggio scorso dal ministro Teresa Bellanova. Il provvedimento è stato il frutto delle conseguenze che il Covid ha determinato nella campagne italiane rimaste abbandonate a causa dell’emergenza sanitaria nazionale. Qui, la stragrande maggioranza dei lavoratori, per lo più provenienti dall’Est Europa, hanno preferito ritornare in Patria per passare con la propria famiglia questo periodo particolare. Ed allora ecco che a fronte di una situazione di emergenza che ha reso necessario sostituire quelle braccia scappate via, ma anche contrastare il caporalato, si è provveduto con la redazione del decreto dalla mille polemiche. Il documento infatti è il frutto di un “compromesso” politico fra le parti.
Le polemiche sul decreto
Una tra le norme più discusse degli ultimi tempi, il dl ha messo in evidenza anche alcuni dissidi presenti all’interno della stessa coalizione giallorossa che più volte si è scontrata sull’argomento. Il ministro Bellanova che, all’interno dell’esecutivo rappresenta Italia Viva, aveva anche accennato alla possibilità di dimettersi se la sua proposta non fosse stata approvata. Qui, il clima di tensione che si era venuto a creare è stato superato soltanto con l’intervento e la mediazione del presidente del consiglio Giuseppe Conte. La sensazione è che, da qui alle prossime settimane, la bagarre politica sul tema potrebbe essere molto intensa anche perché, all’interno della coalizione di governo, ci sono molti mugugni anche dal lato del Movimento Cinque Stelle. I grillini, in particolare, non hanno mai gradito il principio stesso della sanatoria ed i numeri molto bassi riscontrati dai primi dati potrebbe essere alla base di clamorosi strappi.
Non solo gli “ostacoli” all’interno della maggioranza, la proposta di legge della Bellanova ha dovuto fare i conti anche con i rappresentanti delle associazioni di categoria e Coldiretti. Quello che tali soggetti richiedevano o quantomeno si aspettavano, era la creazione di specifici corridoi per far ritornare quei braccianti che durante la pandemia hanno deciso di far rientro nelle loro città d’origine. Secondo Coldiretti, che avrebbe preferito un confronto prima di qualsiasi provvedimento, “la regolarizzazione dei migranti non è risolutiva dei problemi del mondo agricolo anche per i tempi che non combaciano con quelli delle imprese”. Vista la necessità di tornare nei campi con urgenza, i rappresentanti di categoria avrebbero preferito interventi con il carattere dell’immediatezza. Questo avrebbe voluto dire ad esempio la reintroduzione dei voucher per consentire a chi,si fosse sentito in grado, di lavorare sui campi. Fra i lavoratori sarebbero stati quindi compresi i percettori del reddito di cittadinanza, studenti ma anche pensionati. Gente comunque preparata, formata alla tipologia di lavoro e non “nuovi arrivati” cui insegnare un mestiere. In sostanza, la sanatoria sui migranti irregolari, non è stata digerita da Coldiretti e dalle altre associazioni di categoria.
Cos’è la sanatoria
La possibilità di regolarizzare i migranti è partita dallo scorso 1 giugno. A partire da quella data, sia i datori di lavoro interessati che gli stessi stranieri irregolarmente presenti in Italia hanno potuto iniziare a presentare le domande per poter ottenere il permesso di soggiorno valevole per un determinato periodo di tempo. Unica condizione è la presenza in Italia entro e non oltre l’8 marzo 2020. Per dimostrare che un soggetto era nel nostro Paese prima della data sopra indicata, è possibile allegare alla domanda rilievi fotodattiloscopici, così come anche una dichiarazione sul territorio fatta prima dell'8 marzo, per motivi di studio, gare o turismo. C’è per la verità anche un’altra limitazione: se invece infatti a presentare la domanda è direttamente il lavoratore migrante interessato, il requisito è che quest’ultimo abbia un permesso di soggiorno scaduto al 31 ottobre 2019.
Così come previsto dai decreti attuativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale il 29 maggio scorso, una volta presentata la domanda, sia dal datore di lavoro che dal lavoratore, si ha un automatico via libera per l’ottenimento del permesso di soggiorno. Chi si è recato in questi giorni negli appositi uffici, si è visto quindi riconoscere la possibilità di soggiornare nel nostro Paese per motivi di lavoro. I controlli, sempre per come previsto dai decreti attuativi, dovrebbero scattare soltanto in un secondo momento.
Questo perché, nelle intenzioni originarie di chi ha concepito la sanatoria, doveva esserci l’immediata disponibilità al lavoro dei soggetti beneficiari. Un principio valevole soprattutto in ambito agricolo, settore maggiormente interessato dalla norma ma non l’unico: infatti, da inizio mese possono presentare la domanda anche quei migranti irregolari impegnati come colf e badanti. Nei decreti attuativi, sono stati inseriti codici Ateco di categorie riconducibili anche alla filiera agroalimentare.
La richiesta di regolarizzazione della posizione ha dei costi: se a presentare la domanda è il datore di lavoro, allora potrebbero essere sborsati complessivamente 500 Euro, mentre al contrario se la richiesta è avanzata dal singolo migrante allora il costo massimo dovrebbe aggirarsi intorno ai 160 Euro. Un motivo per il quale, come dichiarato a La Verità nei giorni scorsi da Alessandro Ventura, ricercatore della Fondazione nazionale dei commercialisti, è probabile che le domande in gran parte saranno presentate dai singoli lavoratori interessati. Il termine ultimo entro il quale è possibile chiedere la regolarizzazione della posizione, è quello del 15 luglio. Secondo il governo, con l’attuale impostazione prevista dal decreto rilancio, la norma potrebbe essere rivolta ad una platea di almeno 220.000 migranti.
Il flop della sanatoria
Ma i dati fino a questo momento stanno smentendo l’esecutivo. L’urgenza richiamata nelle settimane precedenti dal ministro Bellanova, la necessità immediata di immettere manodopera soprattutto nel settore agricolo sono elementi che stanno venendo a mancare. Ed è proprio nel settore primario che la situazione è ben lontana da quella paventata dai principali sostenitori della sanatoria: “A livello nazionale – ha dichiarato lo scorso 4 giugno Romano Magrini di Coldiretti – i numeri sull'agricoltura sono veramente esigui, parliamo di un centinaio di domande o poco più in tutta Italia”.
Dal Viminale, prima della presentazione del primo report, sono trapelati alcuni dati ufficiosi diffusi lo scorso 5 giugno dall’Agi, in cui parlava di un totale di 9.500 domande fino a quel momento arrivate. Numeri ben al di sotto della platea di 220.000 migranti prevista dal governo in sede di approvazione del decreto rilancio. Cifre che testimoniano un fallimento della sanatoria su tutti i vari fronti, circostanza ammessa oramai anche da buona parte della maggioranza. Tanto è vero che nei giorni scorsi alcuni esponenti del Pd, con in testa Laura Boldrini, hanno annunciato l'intenzione di presentare alcuni emendamenti sulla regolarizzazione dei migranti in sede di discussione sulla conversione del decreto legge alla Camera.
Modifiche che riguarderebbero l’allargamento della platea dei migranti interessati e l’allungamento dei termini dal 15 luglio al
31 agosto. Ma il flop della sanatoria ha innescato anche la reazione dell’opposizione, con la Lega che ha già fatto sapere di preparare in parlamento una pioggia di emendamenti volta ad abbattere la norma.
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