Fondi, piani e tecnologia. Le prove portano a Kiev

Nonostante le smentite di Volodymyr Zelensky l'attacco al sancta sanctorum del potere russo è il frutto della complessa operazione finanziaria, tecnologica e strategica che ha trasformato i droni ucraini in una delle armi più insidiose del conflitto.

Fondi, piani e tecnologia. Le prove portano a Kiev

Per lanciarla hanno usato il faccione di Mark Hamill, l'attore interprete di Luke Skywalker nella prima trilogia di guerre stellari. «L'Esercito di Droni» non è, però, un nuovo episodio della celebre saga bensì il punto di partenza della campagna tecnologica e militare che ha permesso a Kiev di far volare due aerei senza pilota nei cieli di Mosca e colpire una cupola del Cremlino. Nonostante le smentite di Volodymyr Zelensky l'attacco al sancta sanctorum del potere russo è il frutto della complessa operazione finanziaria, tecnologica e strategica che ha trasformato i droni ucraini in una delle armi più insidiose del conflitto.

In tutto questo il primo a metterci la faccia è stato Hamill che dal luglio 2022 è il testimonial della raccolta di fondi lanciata per finanziare lo sviluppo dell'«Esercito di Droni» di Kiev. Ma se Hamill ne è il volto la mente della campagna è Mykhaïlo Fedorov, il 32enne ministro per lo sviluppo digitale di Kiev battutosi per allestire un'articolata flotta di aerei senza pilota e sopperire così alla carenza di missili a lungo raggio. Grazie alle idee di Fedorov e al volto di Hamill la campagna ha generato oltre 100 milioni di dollari consentendo l'acquisto di 3.200 droni e l'addestramento di 7mila piloti. Parte di quel denaro è confluito anche nel fondo da oltre 550 milioni di dollari garantito, nel 2023, alle aziende pronte ad investire nella progettazione e produzione di droni d'assalto hi-tech. Grazie a questi sussidi Dmytro Shymkiv e Yuriy Pederiy, due ex-manager della Microsoft di Kiev, hanno lanciato AeroDrone la compagnia che produce l'Enterprise e il Discovery, due modelli di droni ad alta autonomia il primo dei quali può volare fino a 3mila chilometri di distanza trasportando 300 chili di esplosivo. A droni come questi bisogna guardare se si cercano i protagonisti del raid sul Cremlino e di altre incursioni-beffa messe a segno a centinaia di chilometri dal confine russo.

Le prime risalgono allo scorso dicembre quando gli Uav ucraini colpiscono le basi aeree di Saratov e Ryazan penetrando per oltre cinquecento chilometri in territorio russo. Attacchi che con il passar dei mese incominciano a puntare sempre più in alto. Se quello alle guglie del Cremlino è il più plateale quello più pericoloso per l'incolumità di Vladimir Putin va a segno già il 23 aprile. Quel giorno, infatti un drone UJ 22 decollato da Kharkiv e caricato con 30 panetti di C-4 canadese precipita nei pressi del parco industriale di Rudnevo a Mosca dove è attesa una visita del Presidente russo. Ovviamente Fedorov si guarda bene, al pari di Zelensky, dall'ammettere di voler colpire i territori o i vertici russi. Sul suo sito Telegram sottolinea con orgoglio, però, le prestazioni dell'R 18 «capace - secondo le sue parole - di volare fino a Mosca e tornare indietro». E pur negando di aver mai progettato di colpire Mosca il ministro ammette di esser pronto ad appoggiare «qualsiasi mezzo in grado di fermare la Russia e garantirci la vittoria». Parole registrate dai servizi di sicurezza russa e dai vertici militari a cui è stata affidata la pianificazione della rappresaglia. Una rappresaglia che nonostante le minacce difficilmente bucherà la rete d'intelligence e le difese missilistiche allestite dalla Nato a difesa del bunker presidenziale di Kiev.

Ma Zelensky non è il solo obbiettivo. Per questo - in attesa d'inquadrare il bersaglio numero uno - i missili ipersonici Kinzhal potrebbero colpire, come primo segnale, qualsiasi altra personalità dell'entourage politico-militare di Kiev.

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