All’indomani del discorso in Consiglio regionale, Attilio Fontana torna a parlare. E a difendersi dalla accuse. Nella giornata di ieri il presidente della regione Lombardia è intervenuto al Pirellone per fare chiarezza sulla vicenda che lo vede coinvolto: la Procura di Milano, infatti, ha aperto un’indagine che lo vede coinvolto per frode in pubbliche forniture.
Si tratta dei kit sanitari e dei cinquantamila camici forniti dalla Dama Spa (del cognato del governatore) alla regione stessa, per fare fronte all’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di coronavirus. "La mia regione non ha speso un euro", ha tuonato ieri il governatore della Lega, che ha poi spiegato il perché di quel bonifico personale da 250mila euro sul conto della società del parente: "Avevo spontaneamente considerato di alleviare l'onere partecipando personalmente alla copertura di una parte dell'intervento economico. Si è trattato di una decisione volontaria e dovuta al rammarico di constatare che il mio legame di affinità aveva recato un danno. E così quel gesto è diventato sospetto".
Ecco, oggi Fontana è tornato a parlare e si è difeso sulle colonne di La Repubblica, che lo ha intervistato. In primis, l’esponente del Carroccio smentisce ogni possibilità di dimissioni, richieste invece a gran voce sia dal Pd sia dal Movimento 5 Stelle lombardo, che cercano e cercheranno di sfiduciarlo: "Dimissioni? Mai. Di benzina nel serbatoio ne ho tantissima, anzi devo accelerare per consumarla un po'...". Fontana non alza i toni e nei confronti dei magistrati meneghini esprime parole di tranquillità: "Devono svolgere il proprio compito e accertare la verità. Ci mancherebbe altro". Insomma, nessun attacco alle toghe della Procura di Milano.
Nel corso della chiacchierata con Rep, Fontana chiarisce nuovamente la ragione di quel bonifico – poi segnalato e bloccato dall’Antiriciclaggio dell’Unione Fiduciaia – da un conto svizzero alla Dama Spa: "Ho spontaneamente considerato di alleviare in qualche modo il peso economico della operazione di mio cognato, partecipando io stesso personalmente - proprio perché si trattava di mio cognato - alla copertura di una parte di quell'intervento economico. Si è trattato di una decisione spontanea, volontaria e dovuta al rammarico di constatare che il mio legame di affinità aveva solo svantaggiato una azienda legata alla mia famiglia".
E a proposito di famiglia, Fontana ricaccia al mittente le tesi che sostengono che quel deposito svizzero da 5,3 milioni di euro sia frutto di evasione fiscale: "Quel conto non solo è perfettamente legale e frutto del lavoro dei miei genitori, ma è dichiarato, pubblico e trasparente; è riportato nella mia dichiarazione patrimoniale pubblicata sin dal primo giorno del mio mandato sui siti regionali come la legge prevede". Poi, precisa ancora: "Era un conto che avevano i miei genitori, poi, alla morte di mio padre il conto passò a mia madre. Morta mia mamma, a 93 anni, io l'ho ereditato e l'ho dichiarato nel rispetto delle leggi italiane e pagando il dovuto. I miei hanno sempre pagato tutte le tasse, mio papà era dipendente della mutua, mia madre era una super-fifona, figurarsi evadere".
L'ultima parola Fontana la spende per lanciare un messaggio al governo e al premier Conte, chiedendo che l'agenda dell'esecutivo venga fatta insieme alle regioni, e chiedendo anche che non si pensi ora di ricentralizzare il potere e le decisioni, a svantaggio dell'autonomia regionale: "Vedo
aquesto tentativo di ri-centralizzazione. Ma se venisse presa questa direzione, l'impatto sarebbe devastante. Pensate solo cosa sarebbe accaduto se non ci fossero state le regioni ad affrontare l'emergenza sanitaria...".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.