È buona la risposta immunitaria scatenata dal vaccino in sperimentazione ad Oxford che parla un po' anche italiano. Un altro passo verso l'uscita dall'emergenza, anche se non è quello definitivo.
E che il nostro Paese non debba più considerarsi in «stato d'emergenza» è la convinzione della Fondazione Gimbe che in tutti i mesi passati è sempre orientata verso un principio di massima cautela. Ma prorogare oltre il 31 luglio lo stato d'emergenza, asserisce Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, potrebbe essere controproducente.
«Non esistono più condizioni sanitarie attuali o imminenti che lo giustifichino. -spiega Cartabellotta- Peraltro, l'uscita del paese dallo stato di emergenza permetterebbe al parlamento di riappropriarsi del suo ruolo legislativo. Il governo, in ogni caso, potrebbe rivalutare più avanti la necessità di uno stato di emergenza nazionale, in relazione all'andamento della curva dei contagi, alla capacità di gestione dell'epidemia e alla reale necessità di tutelare salute pubblica e libertà individuali».
Arrivare alle elezioni amministrative in stato d'emergenza sarebbe un grosso errore insiste Gimbe: «Aumenterebbe le tensioni politiche e potrebbe influenzare i risultati delle consultazioni stesse».
Su un punto sono stati sempre concordi sia la politica sia gli scienziati: la via maestra da seguire per liberarsi definitivamente del coronavirus è quella di trovare un vaccino.
E ora si guarda con speranza ad Oxford e anche a Pomezia dopo che la rivista Lancet ha pubblicato i risultati della sperimentazione sul vaccino sviluppato da Astrazeneca in collaborazione con lo Jenner Institute dell'università di Oxford, con il coinvolgimento dell'azienda italiana Irbm.
Niente trionfalismi ma la profilassi sembra davvero funzionare contro Covid-19: produce una risposta immunitaria contro la malattia. E le prime somministrazioni per le categorie più a rischio potrebbero partire già in ottobre. Il trial clinico coinvolge 1.077 volontari adulti sani. Il vaccino, ChAdOx1 «induce una consistente risposta da parte di cellule T e anticorpi» assicurano i ricercatori che ritengono l'organismo possa sviluppare una risposta immunitaria «anche più forte dopo una seconda dose», sulla base dei primissimi risultati di uno studio clinico su un piccolo gruppo.
Qual è la tecnica di questo vaccino? Quella del «vettore virale»: si prende un virus depotenziato omologo a Sars Cov 2 e lo si manipola con delle informazioni genetiche che devono scatenare la risposta immunitaria dell'organismo. «C'è ancora molto lavoro da fare prima che si possa confermare che il nostro vaccino aiuterà a gestire la pandemia di Covid-19 - ha dichiarato Sarah Gilbert, dell'università di Oxford - ma questi risultati sono promettenti».
Proprio per questo farmaco il ministro della Salute Roberto Speranza ha sottoscritto un accordo, insieme a Germania, Francia e Olanda, per l'approvvigionamento di 400 milioni di dosi da destinare a tutta la popolazione europea.
Non c'è soltanto Oxford a studiare la messa a punto di un vaccino ieri son stati annunciati i risultati positivi dallo studio
tedesco sul candidato vaccino BionTech e Pfizer. Si tratta di una fase meno avanzata rispetto al precedente ma anche in questo caso i dati mostrano che il candidato vaccino induce una forte risposta immunitaria contro il virus.
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