Mezza Europa sembra pronta a sposare la linea dell'Italia sui migranti, inclusa la presidente della Commissione europea, e perfino la sinistra danese. Ma c'è chi si oppone a quelle che anche Ursula Von der Leyen ieri ha presentato come «soluzioni innovative» per il contrasto ai trafficanti di uomini e rimpatri più rapidi, a partire dal protocollo Roma-Tirana. «Esprimiamo un rifiuto totale del piano Meloni», dice il premier spagnolo, Pedro Sánchez. «Hub europei per il rimpatrio? Per noi non sono la soluzione», taglia corto il cancelliere tedesco. Olaf Scholz, convinto che l'Ue abbia bisogno di «espulsioni conformi al diritto europeo».
Ieri è però iniziato il pressing di Von der Leyen affinché l'Ue ipotizzi repliche del modello Albania intervenendo anche sulla legislazione europea sull'asilo; che oggi limita l'accordo. Quella spagnola sembra una posizione ideologica che trova sponda nel Pd nostrano. Mentre Emmanuel Macron, che neppure condivide l'opzione «Tirana» o dei «return hubs», sembra più che altro ingelosito dalla scelta italiana di convocare ieri un tavolo ad hoc sull'immigrazione, con Meloni che è riuscita a intercettare e mettere in pratica quella richiesta di discontinuità venuta dalle urne. Macron esclude «scorciatoie». Chiede piuttosto di «accelerare sull'applicazione del Patto migrazione e asilo» conciliando «valori e sicurezza». Ma ha perso «peso» anche in patria, non solo nell'Ue, visto che ieri la portavoce del governo francese ha invece aperto alla «soluzione» scelta dall'Italia: «Va studiata, perché no? Vediamo se funziona». «Grande attenzione» per il protocollo Roma-Tirana anche dal Ppe, mentre l'esecutivo olandese sta già studiando un piano per deportare in Uganda quei migranti senza diritto d'asilo nei Paesi Bassi.
Il ministro dell'Interno francese, Bruno Retailleau, sarà inoltre oggi a Ventimiglia assieme al premier Barnier, entrambi neogollisti di destra, per incontrare Matteo Piantedosi e discutere assieme nuove ipotesi comuni di gestione dei flussi. Poco importa, insomma, se l'inquilino dell'Eliseo ieri si sia risentito per la riuscita del pre-vertice informale che l'Italia ha promosso prima del Consiglio europeo con Danimarca, Paesi Bassi e Commissione Ue; specie perché, da un iniziale numero di 3 Paesi, è diventato un maxi-tavolo a 11 a cui hanno preso parte anche i leader di Austria, Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Ungheria, e a cui si è unita Von der Leyen dando di fatto la linea del futuro governo europeo.
Mentre Meloni presentava l'intesa con l'Albania, suggerendo di valutare pure la riapertura delle relazioni con la Siria e individuare preventivamente nel Paese aree sicure nel timore di una migrazione di massa, i liberali europei provavano invece a demolire la portata dell'incontro in una riunione parallela. Von der Leyen proporrà ai riottosi di ascoltare le «lezioni pratiche» di Roma e considerare piattaforme di sbarco extra-Ue: al di fuori del perimetro comunitario, aree per identificare chi arriva.
«Se si guardano i numeri, non sono realmente la soluzione per un Paese grande come la Germania», insiste il cancelliere Scholz. Che però, gelato dai risultati elettorali, ha già messo in pratica il pugno duro chiudendo le frontiere.
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