Manca un pezzo di carta, il testamento biologico, un'espressione di volontà inequivocabile che possa dire con certezza, di fronte a una situazione irreversibile, che lui, il paziente, avrebbe detto: interrompete i trattamenti che mi tengono in vita. Perciò il caso del francese Vincent Lambert ricorda la nostra Eluana Englaro. Perché porta in primo piano il dibattito sull'eutanasia, vietata in Francia come il suicidio assistito. Con un'aggravante: stavolta lo scontro è anche interno a una famiglia, divisa nei due blocchi che rappresentano le due visioni opposte su come gestire il fine vita.
Ma ecco i fatti: Vincent Lambert ha 42 anni, era un infermiere, ma vive in stato vegetativo da oltre dieci, da quando cioè è rimasto vittima di un incidente stradale, nel settembre 2008, che gli ha provocato una lesione cerebrale, rendendolo tetraplegico. Da ieri, al Centro ospedaliero universitario di Reims (Chu), nord-est della Francia, hanno interrotto i trattamenti medici che lo tengono in vita, alimentazione e idratazione, e hanno avviato «una sedazione profonda e continua». La moglie, Rachel, i fratelli, le sorelle e il cugino di Lambert, François, sono favorevoli. Sostengono che questa sarebbe stata la sua volontà, per come l'aveva espressa a loro quando era cosciente. E sono convinti che lo stop alle cure faccia parte del suo diritto a morire in maniera dignitosa.
I genitori di Lambert sono in totale disaccordo, fiduciosi ancora che il figlio possa svegliarsi. «Mostri, nazisti», ha urlato la madre, passando in auto davanti all'ospedale, accusando pesantemente i medici, che in base alla legge Clayes-Leonetti sul fine vita hanno stabilito fosse il caso di interrompere le cure per mettere fine a un accanimento terapeutico irragionevole. Nel 2011 è stata infatti esclusa qualsiasi possibilità di miglioramento del paziente e nel 2014 la condizione di Lambert è stata classificata come vegetativa, confermata come «cronica e irreversibile» ancora l'anno scorso. Ma i genitori assicurano di aver visto negli ultimi anni segnali di una volontà di vivere da parte di Vincent.
Dopo una lunga battaglia legale, ad aprile il Consiglio di Stato ha convalidato la decisione dei medici, che da ieri trova applicazione. «Morirà di fame e di sete», dicono i genitori, supportati dall'avvocato che accusa: «È uno scandalo assoluto, non hanno neppure potuto baciare loro figlio». Madre e padre di Vincent sono vicini alla Fraternità sacerdotale San Pio X, ala fra le più radicali del mondo cattolico, nata per volontà di monsignor Marcel Lefebvre e che contesta al Vaticano di aver abbandonato l'autentica tradizione della Chiesa. I due non si rassegnano all'idea che il figlio possa morire e ieri hanno presentato due nuovi ricorsi, al Consiglio di Stato e alla Corte europea dei diritti dell'uomo, con procedura di emergenza, per chiedere la continuazione delle cure. Anche perché sono convinti che la decisione dei medici violi la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità. Una situazione paradossale che si era già verificata nel 2013, quando i medici interruppero per la prima volta l'alimentazione (l'idratazione fu parzialmente mantenuta) ma il tribunale amministrativo, dopo 31 giorni, ordinò di ripartire con le cure perché i genitori non erano stati informati. Difficile che accada di nuovo: stavolta la decisione è arrivata dal Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa francese.
Il Papa, che in passato si era pronunciato su Lambert, ha ribadito ieri in un tweet: «Custodiamo sempre la vita, dono di Dio, dall'inizio alla fine
naturale. Non cediamo alla cultura dello scarto». Emmanuel Macron, «profondamente toccato», spiega che non spetta a lui «sospendere una decisione che si basa sulla valutazione dei medici ed è conforme alle nostre leggi».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.