Fratelli Bianchi, tolto l'ergastolo. La mamma di Willy non perdona

Condanna ridotta a 24 anni, la stessa dei complici. Lucia Monteiro: "Niente rabbia, ma dimenticare è un'altra cosa"

Fratelli Bianchi, tolto l'ergastolo. La mamma di Willy non perdona
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Omicidio Willy: ergastolo «condonato» ai fratelli Bianchi. Ventiquattro anni di reclusione per Marco e Gabriele Bianchi, i picchiatori di Artena che hanno ucciso a calci e pugni Willy Monteiro Duarte, 21 anni, origini capoverdiane, in una rissa a Colleferro. Confermata dalla Corte d'Assise d'Appello di Roma la pena per i complici, 23 anni per Francesco Belleggia e 21 per Mario Pincarelli, tutti accusati di omicidio volontario in concorso. Dopo l'annullamento della Cassazione dell'ergastolo per Lee Elder Finnegan, il 21enne killer del carabiniere Mario Cerciello Rega, un'altra sentenza choc dei magistrati romani. In secondo grado, dunque, ribaltata la sentenza del Tribunale di Frosinone. Motivo? La Corte ha concesso alle «belve» di Artena le attenuanti generiche. Pluripregiudicati per droga, rissa e lesioni, i due campioni di arti marziali, MMA, ufficialmente disoccupati, vivevano in una villa lussuosa, giravano su auto di grossa cilindrata e percepivano il reddito di cittadinanza. Conosciuti tra Artena e Valmontone come picchiatori di professione, ingaggiati dai clan locali per recupero crediti, per anni non hanno mostrato pentimento.

Dignitosa la famiglia di Willy. «Me l'aspettavo - commenta la mamma -. Nessuna sentenza mi ridarà mio figlio. Accetto la giustizia che è stata fatta. Non provo rabbia, ma il perdono è un'altra cosa». Meno di un minuto, tanto è durato il pestaggio del giovane cameriere intervenuto per sedare una lite in cui era coinvolto un suo compagno di scuola. «Cinquanta secondi. In questo tempo tutti gli imputati non solo non hanno mai desistito ma, anzi, hanno intensificato la condotta. Quattro contro uno, proseguendo a martoriare Willy, infierendo su un corpo totalmente remissivo», commentano i legali di parte civile. La difesa promette ricorso in Cassazione. «I fatti andavano inquadrati nell'omicidio preterintenzionale», afferma l'avvocato di Gabriele Bianchi, Ippolita Naso.

Una rissa scoppiata in un pub per degli apprezzamenti a una ragazza e finita in tragedia. È il sabato sera del 6 settembre 2020. Nel locale centrale di Colleferro, il Due di Picche in piazza Santa Caterina, due gruppi di giovani. Uno è del posto, l'altro di Artena. Questi ultimi incontrano due amici, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli. Con loro ci sono anche i fratelli Bianchi. Marco e Gabriele, dopo poco, escono con Vittorio Tondinelli e si appartano in uno spiazzo vicino al cimitero con tre giovani mai identificate. Pincarelli è ubriaco, importuna pesantemente tre ragazze di Colleferro. Interviene il fidanzato di una di loro, Alessandro Rosato assieme a Federico Zuma, compagno di classe di Willy. Volano parole grosse. Pincarelli, nonostante un braccio ingessato, spinge Zuma giù dalle scale. Il gruppo di Colleferro interviene, arriva anche Willy che si accorge dell'amico in difficoltà. Cerca di calmare gli animi. La lite si sposta in strada. Intanto Michele Cerquozzi, un altro del branco di Artena, telefona ai Bianchi, che partono a razzo su un'Audi Q8, Tondinelli resta alla guida. Quando arrivano ai giardini davanti al pub sono delle furie e si scagliano sul primo che capita. Il primo colpo allo stomaco lo sferra di Gabriele Bianchi. Willy crolla a terra ma i quattro non si fermano.

«Saltavano sopra al corpo di Willy steso a terra inerme», mettono a verbale i testimoni. Willy non reagisce: un calcio in testa, secondo l'autopsia, lo manda in coma. I criminali fuggono ad Artena ma verranno fermati nella notte dai carabinieri.

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