Fronte Popolare spaccato. I socialisti lanciano Faure

La France Insoumise di Mélenchon appare isolata. Ribelli pronti ad allearsi con socialisti e Verdi. E rispunta persino Hollande

Fronte Popolare spaccato. I socialisti lanciano Faure
00:00 00:00

Si è già ingolfata la macchina anti-Bardella della gauche francese. Ieri, nel primo giorno di scuola per i neo deputati del Nuovo Fronte Popolare, non c'è stata neppure una foto insieme fra le quattro anime «plurali». Braccio sinistro alzato e pugno chiuso, si sono fatti immortalare sulle scale d'ingresso gli «Insoumis», la prole istituzionale di Mélenchon. E gli altri, ognun per sé. Quattro partiti in cerca di accordi per primeggiare dentro la coalizione ed esprimere un profilo da premier per Matignon. Caminetti, dunque. Riunioni, dichiarazioni pubbliche, autocandidature. È andato in scena il gran bazar della sinistra d'Oltralpe.

I migliori «offerenti» provano a spuntarla mediaticamente. Prime trattative: per capire se è possibile costruire una maggioranza anche solo relativa, e ottenere il pass per formare un governo. E neppure ieri, come durante la campagna lampo, la gauche è partita dai programmi. Ma dai nomi. Almeno 5, quelli emersi dalle sinistre per l'incarico. Che Macron potrebbe dare a un esponente dell'area con più seggi. Ognuno ha calato i suoi assi: comunisti, verdi, socialisti e France Insoumise. Chi in camera caritatis e chi davanti ai microfoni nel piazzale antistante l'Assemblea nazionale. Un luogo sacro, istituzionale; per un giorno (e chissà ancora per quanti altri) trasformato in mercato delle figurine. C'è Manuel Bompard, figlioccio di Mélenchon prigioniero del messaggio del padrino politico; poi Clémence Guetté, vicepresidente del gruppo France Insoumise nella scorsa Assemblée e coordinatrice del programma di Mélenchon alle presidenziali 2022. L'estrema sinistra sembra orientata a proporre lei come premier, visto che Mélenchon ha ribadito che il fronte popolare «deve governare» e «applicherà il suo programma, tutto il suo programma». E ciò è considerato un problema anche nel «campo largo» francese.

Per disarcionare i mélenchoniani, in pole dopo le «qualifiche», sono iniziati i primi morsi socialisti. Forza «tranquilla», il Ps: ma potenzialmente letale per le «estreme». Secondo classificato del «fronte», ha una storia che piazza i suoi eletti «di diritto» (così dicono) in una posizione privilegiata. Servono però i numeri. E hanno dunque aperto una faglia, se non una campagna acquisti, tra gli «Insoumis», facendo immaginare una fuga di deputati da quell'area. Il Ps potrebbe diventare il primo gruppo della gauche, in grado di rivendicare Matignon.

I negoziatori socialisti ieri hanno pubblicamente bocciato l'ipotesi di candidatura Mélenchon. Mai davvero stata in campo. Sono disposti però a una ouverture. «Non siamo settari», dicono marcando la differenza dagli Insoumis. Hanno fatto sentire la loro voce anche industriali e piccole e medie imprese. Dicono che il salario minimo proposto dai mélenchoniani potrebbe portare a un'ondata di licenziamenti. E anche queste voci contano. L'applicazione del programma dell'estrema gauche sarebbe «fatale», ha tagliato corto Patrick Martin, presidente Medef (la Confindustria francese). E ieri si è dunque palesato Olivier Faure, segretario Ps. Reclama il posto per «senso del dovere». È «a disposizione» e boccia «chi vuol imporre il suo punto di vista a chicchessìa». Cauto però sull'ipotesi di imbarcare membri della maggioranza uscente, quella di Macron. C'è pure una seconda figura socialista in campo: Boris Vallaud, presidente del gruppo Ps all'Assemblée prima dello scioglimento e già segretario generale aggiunto di Hollande all'Eliseo. Più defilata, ma pronta all'uso, la verde Marine Tondelier. In questo bailamme pure Hollande, fresco deputato, ieri s'è detto pronto a mettere la sua esperienza «al servizio» del Paese. Per ora, è sui banchi e non in cattedra. I gruppi sono ancora da formare. C'è però l'urgenza di un nome comune per non dare a Macron e al suo campo il tempo di riprendere il controllo della «palude», rischiando che sia lui a bonificare lo stallo con un'alleanza alternativa. Ha detto ieri Faure: se Macron vuole tergiversare, siamo pronti a ricordargli che «ha perso». Numericamente. Ma le regole del gioco prevedono che in casi simili l'ultima parola ce l'abbia il presidente.

L'unica certezza è La France Insoumise ammaccata: tra dissidenti e disallineati rispetto al «settarismo» dal leader maximo; neo eletti attirati dalle sirene del potere. Nelle cinquanta sfumature di una frastagliata rive gauche, metodo di designazione sconosciuto. Chi in nome dell'Io di partito, chi in virtù del personale ego e chi sbandierando una vittoria, nessuno riesce a imporsi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica