Franco Gabrielli, autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, torna a San Macuto. Ad appena dieci giorni dall'audizione al Copasir dello scorso 6 settembre, il dossier Usa sulle interferenze russe e sui rubli riversati negli ultimi otto anni a politici e partiti di due dozzine di Paesi stranieri per ottenere influenza all'estero agita le acque italiane in rush finale da campagna elettorale. Già il 6 settembre scorso Gabrielli aveva toccato il tema, spiegando di non poter escludere il pericolo di un tentativo di interferenze di Mosca nella nostra campagna elettorale.
Ma ora, appunto, sul tavolo c'è quel report dell'intelligence statunitense commissionato dall'amministrazione Biden, e così il presidente del Copasir, Adolfo Urso, che si trovava proprio negli Usa, dopo essersi confrontato sul delicato tema con Gabrielli ha concordato di organizzare una seconda audizione, subito calendarizzata e in programma stamattina alle 9. Nel primo confronto telefonico, aveva subito chiarito Urso, sarebbe emerso come «al momento non esistono notizie che ci sia l'Italia» tra i Paesi citati nel dossier americano. E in effetti l'articolo del Washington Post, che per primo ha dato notizia del rapporto, cita solo «Albania, Montenegro, Madagascar e, potenzialmente, Ecuador» tra le nazioni interessate dalle «attenzioni» del Cremlino, aggiungendo anche che in un non meglio precisato «Paese asiatico» un candidato alla presidenza avrebbe ricevuto dall'ambasciatore russo locale «milioni di dollari in contanti». Ma lo stesso Urso, prima di lasciare gli Usa e volare a Roma, ha ricordato ai presidenti della commissione Intelligence del Senato e al Dipartimento di Stato Usa «la necessità che l'amministrazione Usa fornisca immediate ed esaurienti informazioni al governo italiano sul dossier», ribadendo come sia «necessario fare subito assoluta chiarezza» poiché «siamo in campagna elettorale e abbiamo il dovere di tutelare le istituzioni democratiche e di evitare ogni forma di delegittimazione».
E in effetti nel pieno di una campagna elettorale già toccata dal tema delle influenze esterne di Mosca, evocate persino a proposito della caduta del governo Draghi, la notizia è bastata a scatenare reazioni nella politica. Con i leader dei partiti storicamente più vicini in passato al Cremlino - come Lega e M5s - lesti a smarcarsi dalle accuse. «Mai chiesti e mai presi soldi, rubli, euro, dinari, dollari dalla Russia», ha tagliato corto Matteo Salvini due giorni fa, e ancora ieri il leader pentastellato Giuseppe Conte ha messo in guardia dal fatto che, più che le «presunte interferenze» possano essere «queste insinuazioni e illazioni che spero siano tutte false» a rischiare di «inquinare la campagna elettorale».
Di certo, da una parte e dall'altra, lo spauracchio del dossier Usa piovuto sulla coda della campagna elettorale agita gli animi, tra un Luigi Di Maio che invita alla prudenza in attesa degli «aggiornamenti dagli Stati Uniti» sul report e Fdi che, con Giovanbattista Fazzolari, ricorda come «è bene sapere» se i russi hanno finanziato partiti, sottolineando come «il centrodestra ha votato sempre a favore delle armi in Ucraina» mentre «non è così nel campo largo».
Stamattina, insomma, sarà Gabrielli ad aggiornare il Copasir su eventuali notizie riguardanti l'Italia arrivate da Washington negli ultimi due giorni, e a confermare o smentire che quel rapporto contenga anche dati che riguardano il nostro Paese o che addirittura esista, come paventato da Di Maio, un altro report sull'argomento.
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