Quando è troppo è troppo. Invece di prendere casseur e black bloc, il duo di testa (coda) della politica italiana Renzi-Alfano se la prende con i Rolex. E allora l'amministratore delegato del celeberrimo marchio, Gianpaolo Marini, scrive una lettera garbata e furibonda al premier e al ministro dell'Interno che, senza nemmeno troppi giri di parole, in sostanza rifila uno schiaffone alla coppia: «Per favore, piantatela di associarci a questi delinquenti col cappuccio. Noi non c'entriamo con gli scontri di Milano, ma voi continuate a tiraci per la giacchetta, a parlare e sparlare di anarchici con fantomatici Rolex al polso e così, di questo passo, state massacrando ottant'anni di storia e di presenza in Italia» Un disastro. O meglio, un disastro al quadrato: prima la resa e l'impotenza davanti allo sfascio, poi la gogna e il dito puntato nella direzione sbagliata.
È Renzi a dare la linea rincorrendo l' opinione pubblica imbufalita dopo le devastazioni di venerdì pomeriggio. «Mentre quelli con il Rolex spaccavano le vetrine, altri si sono impegnati a ripulire». I buoni E i cattivi, insomma. Invece di bloccare la furia criminale, Renzi prova a placare la rabbia popolare. Non modifica leggi antiquate e polverose, spuntate e inefficaci, non trova il coraggio di sospendere Schengen e l'afflusso, prevedibile, anzi scontato di centinaia di antagonisti calamitati dal miele dell'Expo, non dice una sillaba ai giudici che nei giorni precedenti hanno scambiato in modo grottesco picchiatori per writer consentendo loro di rimanere bardati di tutto punto, con mazze e maschere, nei dintorni del Duomo; no, riesce solo a innescare per troppa salivazione il caso Rolex. Che poi si tratti di Rolex per davvero, di Rolex autentici, non taroccati è un dettaglio trascurabile. Ma non c'e tempo per le sottigliezze semantiche e filosofiche. Il ministro è già oltre, anzi, aveva già intasato i microfoni, con una dichiarazione millimetrica. «In piazza a Milano ho visto farabutti con il cappuccio e figli di papà con il Rolex».
Basta. Marini salta sulla sedia. Non può più tollerare lo scempio e decide di andare al contrattacco. Compra una pagina di pubblicità sui principali quotidiani di oggi, compreso il Giornale , e tira le orecchie del premiato duo, piazzando una raffica di puntini sulle martoriate i: «Se personalmente e come cittadino di Milano nell'occasione non ho potuto che apprezzare il sacrificio e la dedizione delle forze dell'ordine, debbo, invece, per la mia carica esprimere profondo rincrescimento e disappunto per l'associazione insita nelle vostre parole fra la condizione di “distruttori di vetrine” ed il fatto di portare un orologio Rolex al polso». Un'equazione fasulla, anzi altamente offensiva. Ma questo è solo il prologo. Al di là del fatto - prosegue lo scatenato Marini - che dalla qualità delle foto e dei video diffusi dai media è improbabile poter desumere un'affidabile identificazione come Rolex e ancor più come Rolex autentico dell'orologio indossato dai facinorosi, credo che il dettaglio dell'essere o non essere quest'ultimo di marca Rolex sia obiettivamente cosa marginale». Il problema è l'aver mandato in frantumi un mito del lusso mondiale e tricolore, felicemente visibile nel nostro Paese da più di ottant'anni, da sempre al polso sì, ma di distinti e fascinosi signori, borghesi d'alta gamma accompagnati, almeno nella versione pubblicitaria, da scondinzolanti cagnoni..
Per dirla alla Marini, con feroce gentilezza, «c'e stato l'inaccettabile affiancamento dell'immagine di Rolex alla devastazione di Milano e all'universo della violenza eversiva».
Sembra impossibile, un pasticcio mai visto, uno dei «primi dieci brand al mondo per riconoscimento» infilato alla chetichella dal premier furbastro e dal ministro gregario nello zaino delle tute nere. Una vergogna e un danno. Speriamo sia l'ultimo a rimorchio della sciagurata manifestazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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