Clamorosa levata di scudi sull'idroelettrico dal mondo energy. Imprese, associazioni imprenditoriali e dei consumatori, sindacati e Onlus rivolgono un appello al governo per salvare il business dell'energia derivante dall'acqua con una pagina a pagamento acquistata sui principali quotidiani italiani.
Il «Manifesto Uniti per l'Idroelettrico Italiano» denuncia il rischio «che il nostro Paese perda un settore energetico strategico». «Nel 2023 spiega il Manifesto - i 4.800 impianti italiani hanno infatti prodotto energia elettrica verde pari al fabbisogno di oltre 15 milioni di famiglie, generando valore per circa 2 miliardi di euro l'anno e impiegando circa 12mila lavoratori altamente specializzati, in forma diretta o nell'indotto. In un contesto in cui non sussiste, nemmeno a livello europeo, chiarezza sui principi da seguire nell'assegnazione delle concessioni - si legge ancora - l'Italia ha avviato procedure concorrenziali che hanno stimolato e stimoleranno l'interesse e la partecipazione di operatori europei e non europei, con grandi incertezze sulle prospettive del settore e sugli investimenti negli impianti». Il rischio è di «rallentare il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e di sviluppo sostenibile del sistema elettrico nazionale». Da qui la richiesta al governo di «salvaguardare la risorsa, gli interessi pubblici e i relativi comparti industriali».
Il bandolo della matassa è tutto nella norma del Pnnr che impone le gare (per gli impianti superiori a 3 Mw) attraverso procedura competitiva tout court, project finance o società miste pubblico private e che è un caso unico in Europa. Un ampliamento-modifica di quella norma aprirebbe anche a una quarta via, che consenta di riassegnare la concessione allo stesso operatore a fronte di un forte impegno sugli investimenti. In Italia vi sono oltre 4.600 impianti idroelettrici, ma le concessioni di grande derivazione sono solo alcune centinaia. Queste ultime sono quelle che devono essere rimesse a gara. Per esempio, la Lombardia conta 42 concessioni di grande derivazione, di cui 20 scadute e altre in scadenza entro il 2029.
I sottoscrittori del Manifesto, tra cui grandi player come Enel, A2a, Erg, Iren, Acea, Edison, Eni (raccolti in Elettricità Futura) chiedono quindi di adottare «con effetto immediato opportuni provvedimenti normativi». L'obiettivo indicato è di consentire all'idroelettrico italiano di «sviluppare un potenziale di investimenti per circa 15 miliardi di euro» (per lo più oggi bloccati anche dai contenziosi), impedendo la partecipazione alle gare di operatori di Paesi che «non presentano reali condizioni di apertura e di accesso al mercato paragonabili a quelle italiane».
Immediata la risposta del governo che ieri per voce del ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha chiarito come «da due anni l'esecutivo sia impegnato a trovare soluzioni percorribili, che non pregiudichino gli obiettivi del Pnrr valorizzando allo stesso tempo la volontà di liberare gli investimenti sul territorio.
Il governo perseguirà ancora ogni strada, nel confronto fattivo con la nuova Commissione europea, per un sistema più bilanciato di quello che oggi disciplina le procedure di assegnazione delle concessioni, in particolare nel asettore dell'idroelettrico» ha assicurato il ministro.
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