Garlasco tra misteri e bugie Carabiniere condannato

Il comandante della stazione avrebbe mentito sulla bici sequestrata con sette anni di ritardo

Andrea Acquarone

A nove anni dal delitto e a sette mesi dalla condanna di Alberto Stasi, Garlasco torna alla ribalta. Tristemente. In una nemesi di questa nostra infinita giustizia.

Oggi Francesco Marchetto è un ex carabiniere. Fa il pensionato. Nel 2007, da maresciallo, comandava la stazione del paesello dove Chiara Poggi venne massacrata nella villetta dei genitori. Ieri Marchetto è stato condannato: due anni e mezzo di reclusione oltre ai danni da pagare ai famigliari della vittima, con una provvisionale di 10mila euro.

La sua colpa? Secondo il giudice di Pavia Daniela Garlaschelli, l'ex maresciallo ha mentito. Con le sue parole avrebbe sviato le indagini- peraltro fin da subito partite col piede sbagliato- durante il processo di primo grado in cui il biondino dagli occhi blu, fidanzato Chiara, all'epoca venne assolto. Soltanto il primo gradino di un kafkiano iter processuale conclusosi nel dicembre scorso con i 16 anni inflitti a Stasi. I giudici della prima sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza del resto lo avevano anticipato, mettendo ogni perché nero su bianco. Confermando la pena emessa nel processo d'appello bis gli ermellini scrivevano: «La scelta anomala di non sequestrare nell'immediatezza la bicicletta nera da donna della famiglia Stasi è stata un evento che avuto indubbie ripercussioni negative sulle indagini». «Inchiesta - puntualizzava la Corte suprema- senz'altro non limpida, caratterizzata anche da errori e superficialità».

Sulla «pista» degli inquirenti, dunque, ancora una volta la famosa bicicletta nera da donna che la testimone, Franca Bermani, sosteneva avere visto appoggiata al muretto della casa dei Poggi intorno alle 9 del 13 agosto 2007, orario compatibile con l'omicidio di Chiara. Sulla vicenda l'ex comandante della stazione dei carabinieri di Garlasco, dichiarò sotto giuramento che «la bici rinvenuta nell'officina del signor Stasi Nicola (padre di Alberto, oggi defunto, ndr) non corrispondeva alle caratteristiche descritte dalla Bermani». Parole che fecero saltare un tassello fondamentale del mosaico investigativo. Una delle chiavi di volta del giallo. La bici venne infatti sequestrata solo nel 2014, a sette anni dall'omicidio, quando qualcuno le aveva già sostituito i pedali, dove furono poi ritrovate tracce del Dna della vittima. Una prova che, se acquisita subito, avrebbe accelerato tempi e modalità dell'inchiesta.

Per questo, dopo la denuncia dell'avvocato della famiglia Poggi, il maresciallo si era ritrovato indagato per falsa testimonianza. Il giudice, ieri, gli ha scontato sei mesi rispetto ai tre anni chiesti dall'accusa. Marchetto mentì per non coprirsi di ridicolo per non aver sequestrato la bici.

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