Gas, prezzo a picco: il tetto funziona

Per la prima volta scende sotto le quotazioni pre-guerra. Il ruolo di clima e rigassificatori

Gas, prezzo a picco: il tetto funziona

Il prezzo del gas precipita sotto ai livelli antecedenti l'invasione dell'Ucraina da parte delle truppe russe. Il prezzo al Ttf di Amsterdam, piazza di riferimento per il gas europeo, ieri ha chiuso a 84 euro per megawattora, ai minimi dal 24 febbraio. A una prima occhiata, il tempismo di questo calo sembra suggerire un effetto dirompente dell'accordo politico europeo sul price cap. In realtà, la situazione è più complessa: «Il tetto al prezzo del gas sta aiutando ma non è la vera ragione di questo abbassamento del prezzo», spiega a Il Giornale il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli. «Stiamo vivendo condizioni climatiche favorevoli e, tra l'altro, in questo momento l'offerta di gas verso la Germania va un po' meglio, anche grazie ai primi volumi che arrivano dal nuovo rigassificatore costruito a tempi di record».

L'abbondanza di forniture di gas naturale liquefatto e gli stoccaggi ancora pieni (in Italia ieri erano all'83,5%) sono certamente altre tessere del mosaico. Ma sta giocando un ruolo anche l'apporto di carbone e rinnovabili: «Una stima fatta da noi per l'Italia, con dati aggiornati a novembre», continua Tabarelli, «la produzione di energia elettrica da carbone in Italia è aumentata del 60% e produce un apporto equivalente a 1,5 miliardi di metri cubi di gas. Un contributo decisamente superiore a quello delle fonti rinnovabili nuove, che quest'anno valgono per circa 0,6 miliardi di metri cubi equivalenti». A livello continentale, nelle ultime settimane ha ripreso a soffiare il vento nel Nord Europa, portando più produzione da eolico. A questo scenario, si aggiunge il fatto che non sono più arrivate sorprese negative dalla manutenzione dei reattori nucleari francesi.

C'è poi il capitolo risparmi: la frenata dell'economia, unita all'efficientamento di aziende e cittadini, stanno facendo risparmiare tanto gas. I dati Eurostat, aggiornati a fine novembre, evidenziano minori consumi di metano a livello europeo del 20% rispetto alla media tenuta tra il 2017 e il 2021 (a fronte di un obiettivo del 15%).

«La parte più consistente di questo risparmio deriva dalle industrie, in particolare tedesche», osserva Antonio Tognoli, responsabile delle analisi macro di Cfo Sim. «Sta avvenendo una riconversione dal consumo di energia prodotta da gas, a quella da energia elettrica. Avanti di questo passo è possibile che nel 2023, a livello europeo, raggiungeremo un 25% in meno di consumi di gas. Inoltre, la Germania non ha ancora spento le centrali atomiche e ha ripreso a utilizzare le centrali a carbone».

Anche se lo scenario ha evidenziato sostanziali miglioramenti, però, non è ancora il caso di considerare finita l'emergenza. «Per questo inverno non ci saranno particolari problemi», prosegue Tognoli, «il vero punto di domanda è quando, tra marzo e aprile, dovremo ricominciare a riempire gli stoccaggi». Infatti, se quest'anno, seppur a flusso ridotto, il gas russo è continuato a fluire in Europa, dal prossimo l'input di gas russo potrebbe anche arrivare ad azzerarsi. Ed è questo anche il motivo per cui il governo Draghi ha acquistato due nuovi rigassificatori da 5 miliardi di metri cubi: l'intento è poter ricevere più forniture di gas liquefatto.

«Come ha detto la premier Meloni, il price cap è un'ottima assicurazione contro la speculazione», aggiunge Tabarelli, «ma non è la soluzione: vedremo cosa succederà nei prossimi mesi, ma l'unica via è ridurre la domanda e aumentare l'offerta.

E questo, seppur con lentezza, è quello che stiamo cercando di fare». L'incertezza rimane, quindi, almeno però per i prossimi mesi ci si può consolare con prezzi delle bollette che dovrebbero, se non calare, quanto meno stabilizzarsi. Sperando che la guerra finisca.

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