![Gaza, l'esercito via da Netzarim. Bibi: "Pronti per il piano Trump"](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/10/1739167141-aztq8jpp0mzhzbpw1zag-ansa.jpeg?_=1739167141)
L'esercito israeliano ha completato il ritiro dal corridoio Netzarim, la striscia di circa 6 chilometri di terra che da est a ovest divide in due il nord dal sud di Gaza ed era stata occupata dagli israeliani per controllare i movimenti nella Striscia. La viabilità è tornata normale, salvo i controlli delle società di sicurezza americane ed egiziane che operano sul posto. Un altro punto dell'accordo di tregua tra Hamas e Israele è stato dunque applicato, all'indomani del quinto rilascio di ostaggi, con 18 rapiti tornati in libertà sui 33 previsti nella prima fase. I negoziatori israeliani sono tornati a Doha, in Qatar, per discutere aspetti tecnici della seconda fase di tregua, sulla quale si riversano speranze ma anche perplessità e rischi. Ieri tre palestinesi sono stati uccisi dopo che a decine si erano avvicinati a poche centinaia di metri dal confine. Il ministro della Difesa Israel Katz ha avvertito: ci sarà «tolleranza zero».
La speranza è che singoli episodi di tensione non degenerino al punto da far saltare il cessate il fuoco temporaneo. Eppure, secondo fonti israeliane citate da Haaretz, l'arrivo della delegazione a Doha sarebbe solo uno «show» perché «Netanyahu ha segnalato chiaramente di non voler procedere alla fase successiva. La delegazione è senza mandato e senza la possibilità di negoziare nulla». Il Gabinetto israeliano si è riunito ieri sera, ma è prevista solo per domani, martedì, la riunione del Gabinetto di Sicurezza dopo la quale il premier deciderà se concedere alla delegazione di Doha il mandato di discutere la seconda fase. Il primo ministro è rientrato ieri con la moglie Sara dal suo viaggio negli Stati Uniti, sostenendo che il piano di Donald Trump per trasformare la Striscia di Gaza nella Riviera del Medioriente «ha il potenziale di cambiare tutto», di garantire la sicurezza di Israele per generazioni». «È la prima idea nuova da anni» e «offre ai palestinesi la possibilità di fare ritorno alla loro terra una volta completata la ricostruzione». «Non ci sarà uno sgombero forzato» dei palestinesi, promette il capo del governo. «Non ci sarà pulizia etnica».
A storcere il naso contro il piano Trump sono tuttavia proprio i Paesi arabi chiamati direttamente in causa dal presidente e che si sono consultati nei giorni scorsi per consolidare la propria opposizione. Mentre il ministro degli esteri egiziano Badr Abdelatty è volato a Washington per colloqui con l'amministrazione Trump, l'Egitto ha convocato per il 27 un summit di emergenza sui «recenti gravi sviluppi» riguardanti la questione palestinese. L'annuncio è arrivato dopo «intense consultazioni con i Paesi arabi, inclusa la Palestina, che ha richiesto il summit». Ma ancor più importante è la notizia anticipata dal capo dello Stato israeliano, Isaac Herzog: «Il presidente Trump incontrerà i principali leader arabi, prima di tutto il re di Giordania, Abdullah II, il presidente dell'Egitto al-Sisi e penso anche il principe ereditario dell'Arabia Saudita, Bin Salman».
Lo scontro fra israeliani e palestinesi, intanto, resta altissimo anche in Cisgiordania.
La polizia militare dell'Esercito israeliano (Idf) ha avviato un'indagine dopo che l'Autorità palestinese ha riferito che due donne, una delle quali incinta, sono state colpite e uccise dal fuoco israeliano nel campo profughi di Nur Shams, vicino a Tulkarem, ieri mattina.
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