Gentiloni gioca in difesa: "Senza intesa sul Patto ritornerà l'austerity"

L'ex premier spera in un accordo sulle regole entro fine anno: "Impossibili altre deroghe"

Gentiloni gioca in difesa: "Senza intesa sul Patto ritornerà l'austerity"
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Non ci saranno ulteriori rinvii sul Patto di stabilità. L'Unione europea non intende concedere ulteriori margini di flessibilità ai bilanci pubblici nonostante i rischi di recessione e l'impossibilità attuale di realizzare piani ambiziosi come quelli connessi alla transizione green. Il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ieri a Cernobbio è stato catergorico pur rimanendo complessivamente ottimista sul raggiungimento di un accordo tra i 27 Paesi. «Dobbiamo trovare entro la fine dell'anno un'intesa sulle regole fiscali, sul Patto di stabilità», ha affermato dichiarandosi soddisfatto del lavoro dei governi sulla proposta della Commissione.

Un mancato accordo, invece, «metterebbe in luce le difficoltà delle regole precedenti» che «pur avendo alcuni elementi certamente utili e positivi da confermare non sono riuscite né a promuovere la crescita né a ridurre il debito, quindi riproporle non sarebbe certamente ideale» ha sottolineato. Secondo le vecchie regole di spesa dell'Ue, i disavanzi pubblici degli Stati membri non devono superare il 3% del Pil e il debito dovrebbe rimanere al di sotto del 60% del Pil. In base a queste regole, gli Stati devono rimborsare il 5% annuo del debito che eccede il limite del 60%. «Non prolungheremo» la sospensione che dura dal 17 marzo 2020, ha ribadito. Dal primo gennaio, pertanto, occorrerà adoperarsi per mettere i conti in ordine. La nuova proposta della Commissione, su cui i 27 stanno discutendo, mantiene l'obiettivo precedente di limitare il debito, ma prevede piani specifici di rientro del debito specifici per ogni Paese. L'aggiustamento dei conti italiani sulla base di alcune simulazioni tecniche circolate a Bruxelles potrebbe comportare una riduzione del deficit strutturale dello 0,85% annuo nel caso di un piano a 4 anni e dello 0,45% medio se un piano a 7 anni. Il che significa che la manovra 2025 partirebbe con un «peso» legato alla riduzione del debito variabile tra 9 e 17 miliardi che, confrontato con le angustie per la scrittura di quella dell'anno prossimo, renderebbe ancor più stretto il sentiero della legge di Bilancio.

Oggi parlerà il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha sempre tenuto un profilo basso nell'ambito del dibattito, consapevole che nessuna delle opzioni (salvo un'improbabile intesa sull'esclusione di investimenti specifici come quelli green dal computo del deficit) sia ottimale.

GDeF

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