Già a casa gli ultrà fermati. Figc e Lega da Piantedosi

Per i tre romanisti obbligo di firma. E la Digos indaga su un "cartello" contro i giallorossi

Già a casa gli ultrà fermati. Figc e Lega da Piantedosi

«Il coltello? Faccio l'idraulico, me serve pe' lavorà». Si difende così, davanti al gip, uno dei due arrestati «in differita» a Roma per gli scontri di domenica a Badia al Pino, lungo l'A1. E il giudice non convalida la custodia cautelare per Emiliano Bigi e Filippo Lombardi, identificati dalla Digos attraverso i filmati della guerriglia. Scarcerato ad Arezzo anche il primo arrestato, Martino Di Tosto, 43 anni, il cuoco ferito da una lama e scaricato dagli amici in ospedale. Per lui obbligo di firma e dimora a Roma.

Mentre si decide di dare una stretta legislativa, un giro di vite definitivo alle violenze delle tifoserie, c'è chi non crede alla fine di una guerra ferocissima scoppiata con la morte di Ciro Esposito, ucciso con un colpo di pistola dal giallorosso Daniele De Santis. Perché? De Santis ha infranto la regola principe degli ultrà: «Mai armati». Valgono spranghe di ferro, bastoni, bulloni d'acciaio e persino bombe carta, ma niente armi da fuoco. Secondo comandamento: «Nessuna denuncia (non siamo infami)». È un punto di non ritorno. I segnali, le curve, li mandano tutti dal 2014 a ogni occasione per ribadire il patto scellerato fra le tifoserie di mezza Europa: «I romanisti devono morire, devono pagare con ogni mezzo, anche se a farlo sono tifoserie nemiche».

Domenica scorsa la prova generale su un fronte neutrale, l'Autosole. I messaggi, chiari, vengono inviati da tempo. Dagli striscioni, del resto, gli ultras comandano i supporter, chiedono la libertà per gli arrestati, ringraziano chi raccoglie gli ordini di vendetta. Come nel novembre di quello stesso 2014, quando i nemici di sempre della tifoseria partenopea, gli atalantini, in 200 assaltano pullman zeppi di romanisti. Vengono arrestati 9 bergamaschi e la domenica successiva al San Paolo i napoletani ringraziano a modo loro: «Fuori Bergamo dalle galere». Lo slogan è chiaro: picchiare un romanista, per gli azzurri, non è reato. Era già successo con gli Irriducibili della Lazio quando viene incarcerato un narcos legato alla Camorra, Marco Turchetta, storico amico di Fabrizio Piscitelli, Diabolik: «Granturco Libero» si legge alla Nord. Il patto viene osservato e rispettato dagli ultrà francesi, dai tedeschi del Monaco 1860 e del Borussia Dortmund, fino ai serbi della Stella Rossa Belgrado. Una questione seria per quanti, adesso, vogliono di fermare la guerra scoppiata anni fa.

E mentre il ministro Matteo Piantedosi promette serie precauzioni, soprattutto in vista del match Napoli-Juventus di venerdì, proseguono le indagini della Digos di Genova e Roma su tutti gli stadi. L'inchiesta punta non solo agli ultrà che si sono dati appuntamento ad Arezzo ma anche a chi ha noleggiato i minivan e pianificato l'agguato. Inchiesta che porta ai tesserati della curva A del Maradona. Tutti tifosi di Napoli centrale e appartenenti ai Mastiffs.

Oggi riunione dell'Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni sportive del Viminale mentre il ministro Piantedosi incontrerà il presidente della Figc, Gabriele Gravina, e il presidente della Lega Calcio, Lorenzo Casini. «Darò indicazioni all'Osservatorio perché venerdì ci sia un'impostazione di massima precauzione».

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