Un bis. Una prova di forza di chi da due giorni indossa giubbetti catarifrangenti come collante neutrale di protesta contro il governo e la presidenza Macron. Ieri sera, al termine della seconda giornata di manifestazioni diffuse, quelle dei «gilet gialli» francesi, è il premier Edouard Philippe a prendersi le prime responsabilità a nome della maggioranza, ma assicura: «La rotta del governo non cambia». I rincari del prezzo del carburante restano tali ed entreranno in vigore dal 1° gennaio 2019.
Molte persone stanno ancora paralizzando alcune arterie autostradali quando Philippe parla in tv al giornale delle 20: «Per la prima volta, nessun leader è stato necessario», ammette. I francesi, una mescola di simpatizzanti di destra, sinistra senza bandiere di partito, hanno messo in ginocchio i trasporti sabato, con oltre 2mila presidi. Ieri sono tornati in strada in almeno 150 punti nevralgici. «È perché hanno avvertito un sentimento di rabbia, ma anche di sofferenza, di mancanza di prospettiva, l'idea che le autorità pubbliche non rispondono alle preoccupazioni, la sensazione di declassamento, abbandono, che sente parte della popolazione» prova a spiegare il premier prima di dire: «L'ho capito, ho compreso la rabbia. Siamo all'ascolto dei francesi - assicura Philippe - abbiamo sentito la loro esasperazione fiscale, ma la rotta non cambia se si alza il vento». Escluso dunque ogni cambiamento di posizione sulla carbon tax, all'origine della protesta.
Il presidente francese Emmanuel Macron era impegnato in un discorso sull'Europa al Bundestag tedesco mentre in Francia proseguiva la mobilitazione. Si protraevano i blocchi e intanto filtrava la notizia che sabato, nello sfiorato assalto all'Eliseo, il presidente della Repubblica si trovava nella residenza della Lanterne a Versailles, lontano da Parigi. Ennesimo segnale di distanza tra lui e la Francia profonda che non a caso ha continuato la protesta. Una mobilitazione senza precedenti nata da una passaparola sul web e proseguita a oltranza per 48 ore non senza incidenti: 409 i feriti di sabato (quasi tutti causati da chi provava a forzare le barriere); 14 sono tuttora ricoverati in gravi condizioni e c'è stata anche una vittima; 282 i fermi.
Ieri mattina un corteo di una cinquantina tra auto e tir è sbarcato anche a Disneyland Paris intorno alle 10,30, con i gilet gialli che hanno bloccato sette dei nove accessi al parco divertimenti facendo entrare gratuitamente i visitatori nell'area di sosta per cui solitamente si pagano 30 euro al giorno. I blocchi stradali sono saliti a 150 a metà giornata, secondo il ministero dell'Interno. Le direttrici prese di mira dalla protesta di ieri sono state le autostrade A10 e A7, nel centro del Paese, con la mobilitazione rimasta forte soprattutto nel Nord. Decine le operazioni-lumaca: sulla A1, l'autostrada che da Parigi porta in Belgio. Nel Nord-Pas-de-Calais, dove i dimostranti hanno occupato i caselli autostradali lasciando passare gratuitamente le auto. Tutto sotto gli occhi della polizia che non è intervenuta per evitare il peggio, col ministro dell'Interno Cristophe Castaner che parlava alla radio di tentati assalti ad alcune prefetture. Tra le prime sostenitrici della protesta, la leader del Rassemblement National (ex Front National) Marine Le Pen, che non è scesa in strada ma ha parlato di «successo incredibile». Ma a che pro? Il premier ha infatti pure respinto l'appello a un patto sociale di conversione ecologica, lanciato da Laurent Berger, il sindacalista leader del Cfdt.
«Non credo che le richieste di giubbotti gialli siano una grande conferenza con politici e sindacati», ha detto Philippe. «Ho visto i politici cambiare i loro piani con un nuovo piano», ma evidentemente non sembra questo il momento di farlo.
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