Benito Mussolini, come ha scritto lo storico Francesco Perfetti, è stato - al di là del giudizio della Storia come uomo politico - uno dei grandi giornalisti del suo tempo (e il primo a usare la stampa come arma di propaganda). Per ripercorrere la storia del Mussolini giornalista, il Giornale fino al 31 agosto pubblicherà ogni giorno un articolo del futuro Duce. Oggi pubblichiamo un pezzo apparso sull’Avanti! il 26 luglio 1914, due giorni prima della Guerra.
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L'ipotesi terribile che non volemmo formulare ieri perché un ultimo barlume di speranza ci sorreggeva, è divenuta, oggi, realtà di fatto. Il termine fissato dall'Austria è trascorso e la risposta della Serbia è stata trovata «insufficiente» dal Governo austriaco. La diplomazia non ha più nulla da dire o da fare: ora entrano in scena gli eserciti. È la guerra! Le responsabilità della catastrofe sono già fissate. Esse ricadono in massima parte sull'Austria-Ungheria. La Nota consegnata alla Serbia era un ultimatum. Ognuna delle «ingiunzioni» in essa contenute era - dice la consorella Arbeiter Zeitung - «una negazione dell'indipendenza della Serbia». Quella Nota, prosegue il foglio socialista viennese, non ha precedenti nella storia del nostro tempo.
Il Partito militare austriaco voleva la guerra: ecco la realtà. Senza questo obiettivo, da raggiungersi nel più breve tempo possibile, le trattative diplomatiche si sarebbero svolte in modo diverso. La situazione, dal punto di vista dell'Italia, si presenta in questi termini: se il conflitto rimane isolato fra l'Austria e la Serbia la guerra non potrà durare lungamente. Se l'Italia non avesse una diplomazia la cui inettitudine è ormai riconosciuta da tutti (quel marchese Di San Giuliano è proprio un disastro nazionale!) compito dell'Italia sarebbe quello di adoprarsi a concludere rapidamente il conflitto guerresco e a tenersi intanto in atteggiamento di assoluta neutralità. Ma se la Russia scende in campo, allora la guerra austro-serba diventa guerra europea. L'Austria sarà appoggiata dalla Germania (le dichiarazioni degli «ufficiosi» tedeschi non lasciano alcun dubbio in proposito) e la Russia dalla Francia.
L'atteggiamento dell'Inghilterra è incerto. Da quanto si sa essa non ha «impegni» formali né colla Russia né colla Francia. D'altra parte il linguaggio di molti giornali inglesi è tutt'altro che ispirato da simpatia verso la Serbia. E l'Italia? Nel caso deprecato di una conflagrazione europea, qual è il suo posto? Accanto all'Austria contro la Francia? Noi non sappiamo quali siano i «patti» segreti di quella Triplice che fu così precipitosamente rinnovata dai monarchici all'insaputa e contro la volontà dei popoli; sappiamo solo e sentiamo di poterlo dichiarare altamente, che il proletariato italiano straccerà i patti della Triplice se essi lo costringessero a versare un sola goccia di sangue per una causa che non è sua. Anche nel caso di una conflagrazione europea, l'Italia, se non vuole precipitare la sua estrema rovina, ha un solo atteggiamento da prendere: neutralità assoluta. O il Governo accetta questa necessità o il proletariato saprà imporgliela con tutti i mezzi. È giunta l'ora delle grandi responsabilità. Il proletariato d'Italia permetterà dunque che lo si conduca al macello un'altra volta? Noi non lo pensiamo nemmeno. Ma occorre muoversi, agire, non perdere tempo. Mobilitare le nostre forze.
Sorga, dunque, dai circoli politici, dalle organizzazioni economiche, dai Comuni e dalle Provincie dove il nostro Partito ha i suoi rappresentanti, sorga dalle moltitudini profonde del proletariato un grido solo, e sia ripetuto per le piazze e strade d'Italia: «Abbasso la guerra!». È venuto il giorno per il proletariato italiano di tener fede alla vecchia parola d'ordine: «Non un uomo! Né un soldo!». A qualunque costo!26 luglio 1914
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