Le giornate amare di Toti tra i dubbi degli alleati e il pressing per lasciare

Il governatore stupito dal vertice convocato dal centrodestra in Liguria

Le giornate amare di Toti tra i dubbi degli alleati e il pressing per lasciare
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È amareggiato, Giovanni Toti (nella foto). Consapevole della necessità di ulteriori riflessioni sul suo futuro politico. Messo davanti un bivio: continuare a resistere o dimettersi. Una scelta che potrebbe fare nei prossimi giorni. Non solo per la seconda ordinanza cautelare che gli è stata notificata dai magistrati con una tempistica che lo ha sorpreso, nel giorno in cui la piazza della sinistra si è riunita per chiedere le sue dimissioni, ma anche per alcune prese di posizione che non si aspettava nei modi e nei toni dagli alleati locali. Il governatore, che dal 7 maggio è agli arresti domiciliari nella sua casa di Ameglia, vive il suo momento più delicato, stretto tra la tenaglia della Procura di Genova, che di fatto lo spinge con i provvedimenti giudiziari verso il passo indietro, e l'ultima mossa dei partiti regionali della sua maggioranza. Ciò che più lo ha deluso, nelle ultime ore, è stato leggere, anziché parole di sostegno dopo la nuova accusa di finanziamento illecito, la convocazione da parte dei partiti del centrodestra locale di un vertice venerdì a Genova: «Alla luce dei recenti sviluppi che hanno coinvolto il presidente, saranno analizzate le implicazioni politiche e amministrative per garantire la continuità e l'efficienza nella gestione della Regione». Poche righe e un'espressione, «alla luce dei recenti sviluppi», che lo hanno stupito negativamente, visto che, come ha spiegato il suo legale Stefano Savi, il reato contestato negli ultimi giorni dai magistrati liguri, riguarda fatti che erano già emersi nel primo arresto e riletti ora dai pm con la lente di un altro illecito. Le fibrillazioni sul futuro della Regione con Toti ai domiciliari arrivano non dalla Lega, che per bocca del suo leader Matteo Salvini ha blindato il governatore sin dall'inizio di questo terremoto giudiziario, ma da Fratelli d'Italia, che inizia a premere sull'ipotesi di portare la Liguria alle elezioni a novembre. Un'agitazione alimentata dalla decisione del Tribunale del riesame di lasciare Toti agli arresti, e da quella dei pm di chiedere una seconda misura cautelare.

C'è poi il sentiero stretto dal punto di vista giudiziario. I magistrati, nei provvedimenti che finora hanno confermato gli arresti al presidente, tra le righe gli lasciano solo un'opzione per avere la libertà: il passo indietro. Con le esigenze cautelari vengono legate a doppio filo dai giudici all'influenza politica di Toti. Lo scenario più cupo che si prospetta con il presidente agli arresti, è che la Procura possa chiedere il giudizio immediato. Un'ipotesi che si sta facendo sempre più concreta, a sentire ciò che trapela dal palazzo di giustizia genovese. Il rito, che salta l'udienza preliminare, presuppone che l'imputato sia sottoposto a detenzione.

Se i pm, convinti di avere solidi elementi di accusa, decidessero di imboccare questa strada, i tempi di custodia cautelare si allungherebbero, e non di poco. Resta la partita cruciale del ricorso depositato dal legale di Toti in Cassazione, che però con ogni probabilità non si esprimerà prima di settembre.

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