Coincidenze? Eventi non correlati alla somministrazione di Astrazeneca? Fatto sta che la morte per trombosi di Camilla, la 18enne vaccinata in Liguria, definisce uno spartiacque netto. E una decisione sul vaccino di Oxford non può proprio più essere rinviata. Lo sa bene il Cts, che in queste ore è riunito per decretare il futuro o la fine del vaccino. Sul tavolo due ipotesi: evitare di somministrarlo alle donne di 50 o 40 anni. O addirittura non utilizzarlo più, come chiedono alcuni immunologi.
Non è più replicabile il menù del «non c'è pericolo. Fermi tutti, il pericolo c'è. No, non è vero». E soprattutto non è più tempo per decisioni a metà, indicazioni generiche, allarmi a giorni alterni e rimpalli di decisioni tra Aifa e le istituzioni, o indicazioni a maglie larghe da parte di Ema. Nemmeno è più giustificabile quella fretta di vaccinare tutti e utilizzare le dosi già in casa, visto che ci sono.
Il Cts sta per mettere il punto definitivo ai vari tira e molla, non più tollerabili. E questa sarà l'ultima parola, senza che nessuno se la possa più rimangiare. Per questo la riunione degli esperti è durata più delle aspettative. Nelle prossime ore è comunque atteso il verdetto sulle limitazioni all'uso del vaccino.
Al vaglio la decisione di interrompere la somministrazione di Astrazeneca alle donne al di sotto dei 50 anni. O almeno sotto i 40 anni, come chiede Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell'Agenzia europea del farmaco Ema e consulente del commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo. É proprio su di loro che il rischio trombosi risulterebbe essere più alto.
La nuova linea scavalca quindi l'indicazione (raccomandata ma non imposta alle Regioni) di somministrare Astrazeneca solo agli over 60. L'ultima parola resta comunque al ministro Roberto Speranza che, durante l'audizione in Senato è tornato sul tema rischi-benefici dell'uso del vaccino AstraZeneca per le fasce più giovani: «Il 7 aprile il ministero con circolare ha raccomandato l'uso preferenziale del vaccino AstraZeneca agli over-60 e Aifa ha ribadito che il profilo beneficio-rischio è più favorevole all'aumento dell'età. Queste valutazioni saranno sicuramente considerate nel prossimo parere del Cts». Secondo i dati resi noti dall'Ema alla fine di aprile, in una situazione di bassa circolazione virale, nella fascia di età 20-29 anni le probabilità di una trombosi post-vaccinale sono di 1,9 ogni 100mila somministrazioni, a fronte di 4 probabilità su 100mila di ricovero in ospedale. Nella stessa fascia di età, il rischio morte per Covid è pari a zero (così come quello di ricovero il terapia intensiva) mentre il rischio di eventi trombotici post vaccino è di 1,9.
Matteo Bassetti, direttore Clinica Malattie infettive ospedale Policlinico San Martino di Genova, è per la linea dura: «Non serve limitarlo ad alcune età, a questo punto andrebbe stoppato in tutte le età chiedendo scusa agli italiani per la comunicazione errata e antiscientifica su questo vaccino. Si punti quindi unicamente sui vaccini di Pfizer, Moderna e poi su CureVac. Ma deve essere una scelta politica».
«La scelta che è stata fatta in Gran Bretagna - commenta Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'Istituto clinico Humanitas - è di somministrarlo sopra i 40 anni. In Italia, in Lombardia per esempio, questo vaccino viene somministrato solo oltre 50 anni.
Io mi auguro che ci sia una linearizzazione e omogeneizzazione delle Regioni, perché questo inevitabilmente genera incertezza e confusione. Non so che decisione prenderà il Comitato tecnico scientifico, però immagino che facciano una scelta di prudenza e quindi di mettere un tetto d'età».
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