Un'agonia lunga almeno 22 minuti, scandita da due diverse aggressioni. La prima a soli 150 metri dalla sua famiglia, la seconda a pochi chilometri di distanza. Prima una coltellata al collo e i calci, poi la spinta sul marciapiede dopo la quale Giulia non si rialza più. Le otto pagine dell'ordinanza firmata dalla gip Benedetta Vitolo mettono in fila quelle terribili ore tra sabato 11 e domenica 12 novembre, in un climax di violenza e orrore che si dissolve solo quando Turetta fa perdere le tracce.
Una tragedia che è stato possibile cristallizzare attraverso la tecnologia: i segnali in movimento del cellulare dell'assassino diventano le orecchie degli inquirenti, le telecamere i loro occhi. Il dramma comincia in quel centro commerciale del veneziano: alle 22.40 di sabato Giulia è ancora viva, manda l'ultimo messaggio alla sorella, parlano di scarpe e vestiti per la sua laurea, prevista cinque giorni dopo. L'ex fidanzato si trova con lei. Ma cinque minuti dopo il suo telefono è spento. Alle 23.18 a Vigonovo, nel parcheggio davanti all'asilo da cui si vede casa della 22enne, un vicino assiste alla prima aggressione: prima sente una voce femminile urlare «smettila, così mi fai male», poi vede un uomo «calciare violentemente una sagoma che si trovava a terra» e la Punto allontanarsi. Le prime coltellate Filippo Turetta potrebbe averle inferte in quel parcheggio, dove sono state trovate varie macchie di sangue ancora visibili sulle mattonelle di cemento. Nell'area della violenza gli investigatori trovano anche un coltello da cucina di 21 centimetri, spezzato ma apparentemente pulito. I Ris sono al lavoro su quella lama e sulle impronte di scarpe trovate sul sangue. Alle 23.31 l'auto del ragazzo entra nella zona industriale a Fossò e lui spegne il cellulare. La vettura si aggira tra le strade dei capannoni, all'interno i due stanno litigando mentre Giulia è già ferita e sta perdendo molto sangue. Meno di dieci minuti dopo- sono ormai le fatidiche 23.40 - la macabra scena è ripresa interamente dalle telecamere: Giulia Cecchettin viene spinta violentemente a terra, sbatte sul marciapiede e non si rialza più. Turetta carica il suo corpo sul sedile posteriore (dove verranno trovate altre tracce di sangue) e secondo le ricostruzioni la ragazza viene immobilizzata con del nastro adesivo. È la fine. Giulia non può più urlare, non può muoversi, è vittima dell'ex fidanzato di cui aveva deciso di fidarsi e al quale aveva donato la propria amicizia. Morirà dissanguata durante quegli ultimi minuti, per la giudice è stata una lenta agonia. Comincia in quel momento la fuga del killer, con 300 euro in contanti in tasca: prima abbandona il cadavere nel dirupo vicino al lago di Barcis, poi scappa verso la Germania dove viene rintracciato solo quando finisce soldi e carburante.
Nell'ordinanza si parla «di inaudita ferocia» e di «totale incapacità di autocontrollo» di Filippo Turetta, che secondo la giudice potrebbe assumere «condotte violente nei confronti di altre donne». Non (solo) per questo il 22enne si trova in isolamento nel «Bue rosso», il carcere tedesco di Halle: il portavoce del Tribunale di prima istanza ha infatti fatto sapere che si tratta di una modalità di detenzione «consueta» per i detenuti in custodia cautelare in Germania.
Al momento il tribunale di Halle non è a conoscenza di alcuna calendarizzazione della nuova udienza, ma la Procura generale competente di Naumburg si aspetta che la consegna di Turetta avverrà «in pochi giorni». Intanto dall'Italia è già partito l'iter per l'estradizione del ragazzo, ora accusato dalla Procura di Venezia di omicidio volontario aggravato e di sequestro.
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