Il treno della giustizia civile ha impiegato 80 anni per coprire i 27 chilometri che separano Marzabotto da Bologna. La giudice del Tribunale civile del capoluogo dell'Emilia Romagna, Alessandra Arceri, ha condannato la Repubblica federale tedesca a risarcire le vittime degli eccidi perpetrati alle pendici del Monte Sole dalla 16esima divisione di fanteria meccanizzata delle Waffen SS «Reichsführer» fra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944. Sotto gli ordini del maggiore Walter Reder, le truppe naziste guidate dai repubblichini rastrellarono e trucidarono gli abitanti delle località di Creva, Pànico, Vado, Caprara Quercia, Cerpiano, Grizzana e Pioppe di Salvaro. Donne e bambini furono decapitati, altri bruciati vivi in un eccidio che al pari di quello di Sant'Anna di Stazzema l'agosto precedente, ha marchiato il nome di Marzabotto associandolo a una strage efferata di civili inermi.
Il procedimento civile è stato promosso da 33 familiari ed eredi di alcune delle 800 vittime di quell'eccidio: a distanza di quasi 80 anni i discendenti dei pochi sopravvissuti hanno chiesto alla Germania di pagare per i crimini di guerra commessi dai propri soldati. La sentenza emessa dal tribunale felsineo sottolinea in particolare che i soldati tedeschi agirono «in esecuzione dell'ordine loro impartito di uccidere tutti e distruggere tutto () secondo un preciso disegno strategico ideato al vertice del Reich». Nell'emettere la sentenza, la corte, - hanno spiegato i legali dei familiari delle vittime ha respinto le due eccezioni avanzate dalla Germania, relative al difetto di giurisdizione e alla prescrizione del diritto al risarcimento. Nel primo caso, hanno arguito i giudici italiani, l'immunità che si riconosce agli stati nella loro amministrazione sovrana (acta iure imperii) decade quando tali atti integrano crimini di guerra o contro l'umanità. «Questo giudice non ha motivo di discostarsi dall'insegnamento reso dalla Corte costituzionale italiana e reputa doveroso uniformarsi alla giurisprudenza assolutamente consolidata nel negare immunità alla Germania per i crimini nazisti compiuti nel nostro territorio». Il giudice italiano ha poi eccepito che il reato non è prescritto ma che anzi la sua tutela «è affidata a norme inderogabili che si collocano al vertice dell'ordinamento internazionale».
Raggiunto dal Giornale, uno degli avvocati dei ricorrenti, Roberto Nasci ha osservato che quella resa dal tribunale di Bologna «è una sentenza importante nel panorama giurisprudenziale italiano poiché affronta il tema delle gravi violazioni di diritti umani ponendo al centro delle tutele i diritti fondamentali della persona a fronte di violazioni gravissime. Il diritto all'azione risarcitoria riconosciuto dalla pronuncia ha sottolineato il legale consente di derogare al principio di immunità degli Stati in caso di crimini di guerra». E questo è «un monito per i fatti del passato, ma anche per i crimini di guerra e per i crimini di lesa umanità che affliggono il mondo contemporaneo». Se ne ricava che il diritto non è statico ma «evolve nel tempo, a tutela dei diritti fondamentali della persona, messi a repentaglio da azioni umane criminali contro civili inermi e innocenti». La sentenza, ha concluso Nasci «non precisa l'ammontare dei risarcimenti: sul punto è stata stabilita consulenza tecnico contabile.
Quando anche questo punto sarà definito ovviamente la condanna riguarderà la Repubblica Federale di Germania e non l'Italia». Nessuna risposta invece da parte dell'ambasciata tedesca a Roma alla richiesta del Giornale di commentare la sentenza.
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