La Calabria ha un prefetto antimafia in pensione come commissario alla Sanità e da domani la regione passerà da zona rossa ad arancione. Sembra un eccesso di buone notizie per una terra ormai al centro delle cronache per l'emergenza sanitaria e la saga dei commissari designati e poi fatti fuggire dagli scandali o datisi alla fuga da sé.
L'ex prefetto di Vibo Valentia Guido Nicolò Longo, classe 1953, già questore a Palermo, Caserta e Reggio Calabria, una carriera in difesa della legalità, scelto durante un rapido consiglio dei ministri, ottavo commissario designato e pare l'ultimo della lunga serie, sospira: «Il mio è un atto d'amore per la Calabria». È stato nominato dal premier Giuseppe Conte («un uomo delle istituzioni al servizio della legalità») su proposta dei ministri dell'Economia, Roberto Gualtieri, e della Salute, Roberto Speranza. Collaborerà con Gino Strada, che ha messo a disposizione Emergency (onlus sanitaria dai consolidati bilanci già operativa in Calabria con un presidio) per il lavoro di emergenza sugli ospedali da campo, e che ha appena avviato uno screening di massa sulla popolazione.
Prefetto di Vibo Valentia in pensione dal 2018, Longo ha scavalcato all'ultimo tuffo Agostino Miozzo, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico nazionale anti Covid, già collaboratore alla Protezione civile di Guido Bertolaso, che tra l'altro aveva chiesto di poter rientrare in servizio dalla pensione, condizione da lui ritenuta necessaria per poter svolgere il ruolo con pienezza di poteri. Il rientro in servizio non è stato ritenuto possibile.
La scelta del nuovo commissario chiarisce come il governo ritenga la criminalità organizzata il primo ostacolo da superare per rimettere in ordine i bilanci ormai praticamente inesistenti della sanità calabrese, commissariata da dieci anni. Il futuro dirà se è stata la scelta giusta. Quel che è certo è che Guido Longo, nato a Catania, prefetto e questore, alla Dia negli anni delle stragi del 1992, ha un curriculum da cacciatore di mafiosi: ha partecipato alle indagini sulla strage di Capaci, sull'omicidio di Salvo Lima, sull'assassinio dell'imprenditore siciliano Libero Grassi. È stato anche protagonista di importanti operazioni sui collegamenti tra Cosa nostra siciliana e la 'ndrangheta calabrese.
Prima di lui erano stati già bruciati sette nomi, entrati in consiglio dei ministri commissari e rimasti senza incarico. È di ieri anche la notizia che il famoso Rt, l'indice di contagiosità, è sotto l'1, praticamente il più basso d'Italia. Si potrebbe fare festa se non si fosse solo all'inizio della storia: si tratta di risolvere alle radici un dramma che non riguarda solo l'emergenza Covid, ma tutte le patologie con caratteristiche di urgenza e di emergenza.
La Calabria è precipitata in zona rossa proprio per i parametri di monitoraggio dei tamponi e per gli ospedali, in alcuni tratti della lunga costa addirittura inesistenti o nel migliore dei casi impreparati all'emergenza. In queste settimane, per fare giusto un esempio, è capitato che il 118 di Cetraro (il primo ospedale che si incontra arrivando da Nord, a oltre 60 chilometri dai confini con la Basilicata) fosse rimasto con un medico, due infermieri, tre autisti e un'ambulanza per portare tutti i pazienti assegnatigli a Cosenza, primo ospedale Covid attrezzato per le urgenze, distante da Cetraro altri 50 chilometri, dove l'attesa in ambulanza per ogni urgenza si aggira intorno alle quattro o cinque ore.
Per Vibo e Crotone (come anche per Cosenza e Reggio) sono in progetto ospedali da campo. Le aziende sanitarie di Reggio Calabria e Catanzaro, poi, come si sa, sono state addirittura sciolte per infiltrazioni della criminalità organizzata.
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