Insultato e minacciato di morte. È quanto successo a Massimo Gramellini, firma del Corriere della Sera e autore di un editoriale dedicato alla vicenda di Silvia Romano, la cooperante italiana a di Orphan's Dreams rapita in Kenya da un commando armato lo scorso 20 novembre. Ieri Gramellini, nell'incipit della sua rubrica quotidiana Il Caffé, aveva scritto che la 23enne "avrebbe potuto soddisfare le sue smanie d’altruismo in qualche mensa nostrana della Caritas" anziché "rischiare la pelle in un villaggio sperduto nel cuore della foresta", dato che la sua scelta avventata rischia di costare ai contribuenti italiani un corposo riscatto".
Apriti cielo. In men che non si dica il giornalista è diventato trending topic su Twitter, finendo per essere investito da un'ondata di violenza verbale senza precedenti. "Troglodita", "Vaff...", "Imbecille" sono alcuni degli epiteti che il popolo del web ha riservato all'editorialista del Corriere, accusato di avere espresso un'opinione in linea con il "fascioleghismo dilagante". Ma lui tira dritto. "Nella tazzina di ieri difendevo Silvia, la cooperante rapita in Kenya, dalla solita accusa di essersela andata a cercare. Per tutto il giorno mi è toccato rispondere alle mail di lettori che criticavano il mio eccesso di empatia nei confronti della ragazza e degli ideali di gioventù", scrive oggi Gramellini, prendendosela con le "centinaia di gabbiani da tastiera" che "hanno trovato il tempo per insultarmi e minacciarmi, ma non per leggere il Caffè fino in fondo: e sì che è piuttosto breve".
In effetti, nella rubrica di ieri l'ex direttore de La Stampa si "correggeva" subito dopo, spiegando che "Silvia Romano non ruba, non picchia, non spaccia. Non appartiene alla tribù dei lamentosi e tantomeno a quella degli sdraiati. La sua unica colpa è di essere entusiasta e sognatrice. A suo modo, voleva aiutarli a casa loro. Chi in queste ore sul web la chiama 'frustrata', 'oca giuliva' e 'disturbata mentale' non sta insultando lei, ma il fantasma della propria giovinezza". Insomma, un pensiero in linea con la storia personale del giornalista. Che nell'editoriale di oggi si sfogia così: "I social hanno instaurato la dittatura dell’impulso, che porta a linciare prima di sapere e a sostituire la voglia di capire con quella di colpire.
Si tratta di una minoranza esigua, ma non trascurabile, perché determinata a usare uno strumento alla moda per condizionare, storpiandola, la realtà. Persone che, in nome del Bene, arrivano ad augurarti di morire".Ma su Twitter non s'intravede alcun segno di redenzione. Tra i trending topic, spunta #Gramellinim...
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