Il gran rifiuto di Pompeo: niente pace coi talebani

Il segretario di Stato non intende firmare l'accordo che chiude la guerra dopo 18 anni

Il gran rifiuto di Pompeo: niente pace coi talebani

Per mesi l'inviato speciale americano per l'Afghanistan Zalmay Khalilzad ha lavorato al progetto di un accordo con i talebani per porre fine a una guerra che dura da 18 anni. Solo tre giorni fa, proprio Khalilzad ha riferito che gli Stati Uniti avevano raggiunto un'intesa «in via di principio» con i ribelli, ammonendo tuttavia che «non sarà definitiva finché non sarà approvata dal presidente Donald Trump». Ora, però, alti funzionari americani, afghani ed europei citati da Time, hanno riferito che il segretario di Stato Mike Pompeo avrebbe rifiutato di siglarlo. Secondo fonti dell'amministrazione Usa, il segretario alla Difesa Mark Esper avrebbe dovuto discutere la questione con il tycoon il 3 settembre, ma l'accordo non garantisce diversi punti cruciali, come la presenza delle forze antiterrorismo statunitensi per combattere Al Qaida, la sopravvivenza del governo di Kabul sostenuto da Washington o addirittura la fine dei combattimenti nel Paese. «Nessuno parla con certezza», ha spiegato un funzionario afghano: «È tutto basato sulla speranza. Non c'è fiducia, non ci sono prove di onestà e sincerità da parte dei talebani». E comunicazioni intercettate «mostrano che i ribelli pensano di aver ingannato gli Stati Uniti, mentre gli Stati Uniti credono che in caso di inganno, i talebani pagheranno un prezzo pesante».

L'accordo di principio che l'inviato americano ha messo a punto in nove round di colloqui con i rappresentanti dei talebani rappresenterebbe il primo tentativo verso la pace da quando le forze statunitensi e alleate sono dispiegate in Afghanistan in seguito degli attacchi dell'11 settembre 2001. In base all'intesa, gli Usa dovrebbero ritirare 5.400 soldati da cinque basi nel Paese entro 135 giorni dalla firma, come prima fase di un graduale ritiro di tutti i 14mila militari presenti. Khalilzad non ha condiviso altri dettagli del piano, ma fonti occidentali hanno suggerito che il termine per il ritiro completo delle truppe a stelle e strisce sarà probabilmente di 16 mesi, se i talebani rispetteranno certe condizioni. Tuttavia, Time ha riferito che il documento non garantisce la sopravvivenza dell'esecutivo sostenuto dagli Stati Uniti, ritenuto dai talebani un governo fantoccio, e con cui invece Washington si aspetta che gli insorti negozino a Oslo. Inoltre, non garantirebbe la permanenza delle forze antiterrorismo americane in Afghanistan per combattere Al Qaida, o che la violenza nel Paese si fermerà una volta raggiunta un'intesa. Questi punti potrebbero aver dissuaso Pompeo dall'apporre la propria firma, oltre al fatto che i ribelli avrebbero chiesto agli Usa di siglare l'accordo con l'Emirato islamico dell'Afghanistan, nome che i talebani si sono dati quando sono saliti al potere nel 1996.

Un passo del genere da parte del segretario di stato equivarrebbe di fatto a un riconoscimento dei ribelli come entità politica legittima. Il portavoce di Foggy Bottom, Morgan Ortagus, ha spiegato che «l'accordo non è ancora stato firmato. Se e quando ci sarà un accordo approvato da tutte le parti, incluso il presidente Trump, e se il segretario è il firmatario appropriato, lo firmerà».

Fonti afghane ritengono che il problema della firma si potrebbe risolvere in due modi: potrebbe siglarlo lo stesso Khalilzad, oppure Usa e talebani potrebbero rilasciare una dichiarazione congiunta, sostenuta dal governo di Kabul e da altri paesi come Giappone, Russia e Cina.

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