È stata annunciata ieri la morte di Peter Ware Higgs il papà dell'omonimo bosone, il fisico che negli anni Sessanta ha cambiato i fondamenti della teoria elettrodebole sulla base di un calcolo, all'epoca, puramente teorico, anzi per la precisione di un calcolo nato da un'intuizione avuta passeggiando per le colline scozzesi, come un Newton che non ha bisogno nemmeno della mela, quelle colline attorno ad Edimburgo dove Higgs è morto, a 94 anni. Si usa spesso la parola visionario per i fisici ma davvero Higgs, un signore che per importanza nella fisica del Novecento si può posizionare a un passetto da Einstein, è riuscito a precedere, con un modello, la prova di un fatto fondamentale, di decenni. Il bosone è stato visto solo nel 2012 con un esperimento del Cern. Quando venne reso noto in conferenza (dall'italiana Fabiola Gianotti) Peter Higgs era lì in platea come tutti, con la faccia paciosa dei suoi 83 anni, con lo sguardo timido e imbarazzato di un uomo che si ritrova con il suo nome appiccicato a quello di Dio (il bosone di Higgs è anche chiamato bosone o particella di Dio per quanto questo a Higgs, ateo, non sia mai piaciuto).
Higgs, all'annuncio si tolse gli occhiali, tirò fuori un fazzoletto, si guardò intorno, si asciugò gli occhi, si rimise gli occhiali, e ciancicato il fazzoletto nella tasca dei pantaloni si mise ad applaudire come gli altri. Quando un secondo dopo i giornalisti piombarono come falchi per un commento, l'anziano membro della Royal Society britannica non estrasse nessuna inutile retorica dal cilindro magico della realtà subatomica: solo un «non sono mai stato così felice». Semplicemente, non pensava che avrebbero trovato il bosone (che è sia particella sia onda e quindi campo) mentre lui era ancora in vita. E allora parliamo del Bosone (ce ne sono altri ma questo con la maiuscola perché è quello che conta), la biografia di Higgs per fortuna è così ricca di università e di lavagne che come avrebbe preferito lui possiamo lasciare spazio a quella che capì subito essere una «Big Idea». Questa particella sfuggente è la creatrice della nostra realtà, senza di lei niente massa e niente universo. Dal 2012 sappiamo che il bosone esiste ed è bello «cicciottello», ha dimensioni comprese fra 125 e 126 miliardi di elettronvolt, ossia pesa fra 125 e 126 volte più di un protone. Ma già da molti anni i fisici per spiegare la genesi dell'Universo così come lo conosciamo avevano creato un «modello standard». Per far quadrare i calcoli del modello, Higgs teorizzò, nel '64, l'esistenza di bosoni con particolari caratteristiche che però nessuno aveva mai trovato. Ma che cosa fanno questi bosoni di così importante da mobilitare tutto il mondo scientifico? Proviamo a spiegarlo con un esempio che farà un po' rabbrividire gli addetti ai lavori, ma rende l'idea. A caratterizzare una particella (che è anche onda) sono la sua carica elettrica e la sua massa. La massa dipende dal fatto che tutte le particelle nuotano in un mare di bosoni. Alcune particelle ci passano in mezzo senza sforzo e quindi hanno massa quasi pari a zero... come i fotoni o i gluoni. Altre risentono della presenza dei bosoni, diventano più lente, assumono una massa, e questo fa sì che esista un universo come lo conosciamo noi e non un monoverso di particelle inerti in fuga nello spazio tempo... E le particelle non rallentano tutte allo stesso modo: alcune sono rallentate moltissimo e hanno assunto quindi una massa grande, come il quark top o il bosone W, altre invece attraversando il campo più velocemente, rimangono più leggere, come a esempio gli elettroni. Insomma, il bosone crea varietà. E dal 2012 di questo generatore di «massa» abbiamo un identikit. Che in parte conferma le idee di Higgs, in parte no. Uno dei punti su cui si sta ragionando da allora è il fatto che la particella pare interferire con i fotoni più del previsto. Un altro punto è la sua massa, particolarissima. Fosse appena più leggera, l'universo non avrebbe forma, fosse appena più pesante, l'universo avrebbe una forma stabile per sempre. Invece la «particella di Dio» ha proprio quella massa che garantisce una stabilità parziale (durerà ancora qualche decina di milioni di anni).
Fondamentale e schivo, il bosone, un grande rallentatore e stabilizzatore dell'universo, non poteva essere più simile al suo teorizzatore. Allora meno male che porta il suo nome, lasciando stare Dio.
Del resto quando il fisico Leon Lederman nel 1993 pubblico il libro di divulgazione che ha permesso a milioni di persone (compreso lo scrivente) cosa fosse un bosone voleva intitolarlo The Goddamn Particle: If the Universe is the Answer, What is the Question? l'editore si spaventò e la particella da «dannata» divenne The God Particle, la particella di Dio. Ma era di Higgs, e tutto il resto della fisica ha dovuto tirarne di maledizioni per riuscire a provarlo.
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