Grande fuga dal Venezuela. E il Brasile schiera l'esercito

Caccia agli immigrati in una città di frontiera: «Sono delinquenti». Soldati per ristabilire l'ordine pubblico

Grande fuga dal Venezuela. E il Brasile schiera l'esercito

L'entrata in vigore della riforma monetaria, con il lancio della nuova valuta denominata bolìvar soberano, non sembra aver modificato la realtà del Venezuela: nel Paese sudamericano guidato con il pugno di ferro dal chavista Nicolàs Maduro si fa la fame, e chi può scappa all'estero. Non sempre, però, i Paesi vicini accolgono volentieri i profughi e così ieri il governo del Brasile ha deciso l'invio alla frontiera venezuelana di contingenti dell'esercito per rafforzare gli effettivi che hanno il compito di garantire l'ordine pubblico: la popolazione della città brasiliana di confine di Paracaima, infatti, sabato aveva dato il via a una specie di caccia agli immigrati, accusati di furti e vari tipi di violenze ai danni dei residenti.

Sono già alcune decine di migliaia i venezuelani che hanno trovato rifugio oltre il confine con il Brasile negli ultimi tre anni. Nello Stato brasiliano di Roraima i fuggiaschi sopravvivono miseramente in accampamenti improvvisati, dove vengono raggiunti in media da altri 500 connazionali ogni giorno, persone disperate che «votano con i piedi» contro la dittatura filocubana di Maduro.

Gli scontri di sabato hanno convinto circa 1200 di questi immigrati a rientrare in Venezuela, secondo fonti brasiliane. Qui sono però certi di trovare non solo la miseria e l'arbitrio poliziesco da cui erano fuggiti, ma per sovrappiù anche il caos innescato dalla riforma monetaria avviata in tutta fretta dal presidente Maduro nel tentativo di fronteggiare il dilagare della povertà.

È stato annunciato l'incremento di 34 volte dei salari minimi, ridotti a carta straccia con cui è impossibile mettere insieme di che sfamarsi: ma è la quinta volta dall'inizio dell'anno che si ricorre a misure di questo genere, che non hanno il potere magico di dare valore a una moneta senza valore. E il famoso bolìvar soberano altro non sarebbe che un'operazione cosmetica eseguita sul già rabberciatissimo predecessore, il bolìvar fuerte: a questa valuta che di «forte» non aveva proprio nulla sono stati tolti cinque zeri con la speranza di non far sfuggire definitivamente l'inflazione, già in catastrofica impennata verso uno sbalorditivo milione per cento da qui alla fine dell'anno.

L'avvio della strombazzata riforma monetaria ha prevedibilmente aggravato la già esistente confusione, che investe tanto i consumatori quanto ciò che resta, tra una vessazione e l'altra da parte del regime chavista, del settore privato dell'economia venezuelana. Ieri sono entrate in circolazione nuove banconote, ma restano utilizzabili gli assegni stampati con la valuta che è stata abolita, ed è facile immaginarsi confusioni volontarie e involontarie.

Maduro - la cui esperienza pre-rivoluzionaria si riduce al mestiere di guidatore di autobus e di sindacalista - confida che queste novità servano a ridurre gli eccessi di moneta stampata, e chiama i compatrioti alla «disciplina fiscale», insomma a pagare le tasse. Il successore di Hugo Chavez annuncia inoltre un taglio alla distribuzione di benzina sottoprezzo, un costo che lo Stato non può più sostenere ma anche un tentativo di porre un freno al contrabbando.

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