"Grave bloccare i treni a Bologna. Pene più pesanti per questi reati"

Il ministro dell'Interno: "Sbarchi diminuiti del 60 per cento, ma ora dobbiamo rendere più celeri le procedure per l'espulsione"

"Grave bloccare i treni a Bologna. Pene più pesanti per questi reati"

Matteo Piantedosi, 61 anni, era tra i meno conosciuti nella squadra di governo scelta un anno e mezzo fa da Giorgia Meloni. Carriera da Prefetto. Vicino a Salvini. Ci ha messo un attimo per diventare uno dei volti più noti della politica italiana. È un ministro dell'Interno attivissimo e spesso al centro delle polemiche.

Ministro, pochi giorni fa a Bologna i pro-pal hanno bloccato la stazione e la circolazione dei treni. Comincia a diventare un problema serio. Come intende operare?

«C'è sempre il problema di come debba agire la polizia. Si tratta di decidere come graduare l'uso della forza e come tentare delle mediazioni coi manifestanti. In questi mesi abbiamo dimostrato che la polizia sa molto bene come comportarsi. È duttile. Però quello che è successo alla stazione di Bologna è molto grave. Non possiamo pensare che la libertà di esprimere il proprio pensiero, che va sempre difesa, finisca per danneggiare la comunità e impedire l'esercizio di diritti costituzionali di pari importanza, come la libertà di circolazione».

A Bologna la polizia non ha usato la forza.

«Ecco, vorrei che si capisse che non usare la forza, come alle volte è giusto fare, non vuol dire dare mano libera. Sono in corso accertamenti. La polizia sta cercando di identificare i responsabili, penso che ci riusciranno, e verranno contestati i reati che sono stati commessi, che sono anche di una certa gravità».

Avete in Parlamento in discussione un disegno di legge su questi temi?

«Sì, un provvedimento che prevede l'aumento delle pene per alcuni di questi reati».

Non è repressione del dissenso?

«No. I numeri ci dicono che sono migliaia le manifestazioni di protesta. Quindi, libertà assoluta. Purché questa libertà non vada a ledere altre libertà che riguardano la maggioranza dei cittadini. E che noi dobbiamo difendere».

Parliamo di migranti. È vero che c'è un calo degli arrivi?

«Rispetto all'anno precedente sono il 60 per cento circa in meno. È l'ottavo mese di fila nel quale registriamo un calo degli arrivi. Sono dati indicatori di una tendenza. Non è che abbiamo sconfitto l'immigrazione irregolare, però abbiamo dei risultati tangibili del lavoro che sta svolgendo il governo».

E a cosa sono dovuti?

«A un insieme di iniziative: alla collaborazione coi paesi di origine o di transito dell'immigrazione e all'avvio del piano Mattei. Ho incontrato al Viminale i ministri degli interni dei tre paesi più importanti su questo problema: Algeria, Tunisia e Libia. C'è una collaborazione concreta tra la nostra polizia e la loro».

C'è stato un cambio di passo sui rimpatri dall'Italia?

«Sì. Quest'anno, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, abbiamo un 12 per cento in più di rimpatri. Negli ultimi 14 giorni abbiamo rimpatriato 260 persone, rispetto alle 110 delle due settimane precedenti. Noi contiamo di poter accelerare i rimpatri anche con modifiche giuridiche dei regolamenti condivise con l'Europa».

Quali modifiche?

«Dobbiamo rendere più celeri le procedure di espulsione, non solo per aumentare i rimpatri, ma per creare un effetto di deterrenza sulle pretestuose richieste di asilo e sui ricorsi. Oggi molti di quelli che arrivano immaginano che le attuali norme sul diritto d'asilo gli permetteranno di rimanere sul territorio europeo per molto tempo. Non dovrà essere più così».

Volete ridurre il diritto d'asilo?

«Assolutamente no: vogliamo evitare gli abusi. Gli abusi mortificano il diritto di asilo, che è un grande principio di civiltà e che noi vogliamo difendere e impedire che sia trasformato in uno stratagemma».

L'idea italiana dei centri di rimpatrio all'estero sta diventando un modello?

«Lo dicono 14 partner europei che, con noi, hanno sottoscritto una lettera alla Commissione. Lo ha detto la mia collega tedesca, che non è di centrodestra. Mi pare che l'idea abbia un notevole successo».

Parliamo di sicurezza. In particolare di Milano. E' aumentato il senso di insicurezza nei cittadini. Mi dia qualche dato.

«I dati non danno tutta la risposta a questa domanda. Milano è l'esempio di come un fenomeno di percezione di insicurezza vada anche oltre i dati. Ma guai a non tenerne conto».

Come affrontiamo questa percezione?

«Innanzitutto abbiamo iniziato ad aumentare la presenza delle forze dell'ordine nei luoghi più critici. Per esempio le Stazioni. C'è un presidio costante che permette di scongiurare molti episodi. E di reprimere».

Per combattere la criminalità bisogna rafforzare i Cpr e il sistema delle espulsioni?

«Certamente. I dati delle espulsioni che si riescono a realizzare testimoniano l'importanza dei Cpr».

C'è chi afferma esserci troppi agenti nei commissariati e pochi in strada. E' così?

«No, assolutamente no. L'impegno su strada è fortissimo. Le fornisco qualche cifra: dal gennaio 2023 abbiamo realizzato oltre 1.500 operazioni interforze (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e polizie locali) ad alto impatto nelle principali città metropolitane e in prossimità dei maggiori scali ferroviari, nelle quali sono state impiegate complessivamente 78mila unità delle Forze di polizia: 657 mila le persone identificate (di cui 230mila stranieri), 1.269 soggetti arrestati, 8.063 denunciati e 1.381 stranieri espulsi. E tutto questo in aggiunta agli ordinari servizi di controllo del territorio».

È in agenda un

aumento delle retribuzioni per gli agenti di polizia?

«Sì. Sono partiti i tavoli sui quali si tratta. Nel giro di pochi mesi pensiamo di avere il risultato. Anche il Premier Meloni si è impegnato su questo tema».

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