Era convinto di essersi lasciato per sempre alle spalle la Procura di Milano, le sue divisioni, i suoi veleni: Francesco Greco da novembre se n'era andato in pensione, e si era inventato una nuova vita come garante della legalità del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. All'ex procuratore viene invece recapitato nei giorni scorsi un documento che lo riporta bruscamente nel clima plumbeo che si respirava (e si respira) sotto la Madonnina. È l'avviso di proroga delle indagini firmato dalla Procura di Brescia, competente per i reati commessi dai magistrati milanesi. Greco è indagato per abuso d'ufficio insieme a tre dei suoi vecchi sostituti. Al centro c'è uno dei casi più spinosi e controversi affrontati negli ultimi anni dalla Procura di Milano: l'indagine sui vertici del Monte dei Paschi di Siena, il management messo dal governo Renzi alla testa del glorioso istituto per risollevarlo dai disastri della gestione Mussari.
Anche i nuovi capi, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, sono stati incriminati per avere aggravato il dissesto. Ma dalla Procura milanese, sotto la gestione di Greco, hanno avuto un trattamento soft: richieste di archiviazione e di assoluzione avanzate una dopo l'altra, e naufragate solo per l'ostinazione dei piccoli azionisti della banca e per il dissenso dei giudici chiamati a pronunciarsi.
Finora era lecito pensare che di fronte a una materia tecnicamente complessa come l'analisi dei conti di una banca, le due linee - quella morbida della Procura milanese, quella dura delle vittime e del loro combattivo consulente Giovanni Bivona - fossero figlie solo di diversità di opinioni. Invece il provvedimento notificato a Greco, e reso noto ieri dalla Stampa, dice che sulla vicenda si intravvede una volontà precisa di tutelare Profumo e Viola. Asse portante della linea morbida della Procura milanese è stata una perizia contabile affidata ad un nome di peso: Roberto Tasca, docente alla Bocconi, consulente storico della Procura, nonché assessore al Bilancio nel primo lustro di mandato del sindaco Beppe Sala. Anche Tasca è finito nel registro degli indagati, e con una accusa più pesante di quella contestata a Greco e ai pm: è accusato di falso in perizia, pena fino a sei anni di carcere. Stessa iscrizione per Lara Castelli, la commercialista coautrice della perizia.
La loro consulenza, che scagionava di fatto Profumo e Viola, viene considerata decisamente accomodante dai pm bresciani, che hanno potuto confrontarla con un documento di tutt'altro tono: la perizia che il giudice preliminare Guido Salvini, respingendo la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, affidò a un altro consulente, Gian Gaetano Bellavia. Che ebbe parole di fuoco per i colleghi, accusandoli di avere trascurato «enormi omessi accantonamenti» da parte della gestione Profumo-Viola. Le conclusioni raggiunte da Tasca e dalla Castelli vengono definite «sorprendenti» dalla nuova perizia, che avrebbe trovato addentellati e conferme nelle indagini in corso attualmente a Brescia.
L'iscrizione di Greco nel registro degli indagati in realtà risale all'estate dell'anno scorso, e non è scaturita dalla guerra di perizie. La prima a restare perplessa davanti al trattamento riservato ai nuovi vertici di Mps era stata Gemma Gualdi, oggi in Procura generale, ma che all'epoca di Mani Pulite aveva lavorato accanto a Greco e al pool. Quando sul suo tavolo è arrivata la richiesta di archiviazione per Profumo e Viola, la Gualdi ha chiesto di vederci più chiaramente.
E dopo avere richiesto invano spiegazioni a Greco e ai suoi pm, ha fatto partire una segnalazione che, dopo un paio di passaggi, è arrivata alla Procura di Brescia. Dove Greco si prepara a battersi: «come al solito il procedimento si concluderà con l'ennesima archiviazione», dice il suo legale Massimo Dinoia.
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