Ma non doveva star zitto? Non dicevano che Giuseppe Conte gli avesse chiesto (fatto chiedere) se potesse gentilmente evitare battutacce sul caso Toti? Non dicevano che Conte volesse l'esclusiva sull'evocazione di «nuove Tangentopoli» e che insomma temesse qualsiasi interferenza di Beppe Grillo da qui alle Europee, o, forse, da qui all'eternità? Poi va bene, Camogli per tanti grillini è solo un panino dell'autogrill, ma per altri resta un borgo di Genova, casa sua, dove tutto è cominciato, e domenica c'era la data clou del suo spettacolo (sala mezza vuota) ma è comunque ovvio che le sue battute abbiano fatto un po' di rumore, e che su Toti (neppure imputato, formalmente fermo alle indagini preliminari) Grillo qualcosa doveva pur dire. Ecco perché, per non sbagliare, il vecchio forcaiolo su Toti forse ha esagerato, ma neanche tanto: «La sua condanna è quella di dover rimanere ai domiciliari con la moglie», poi un paragone con Duilio Poggiolini, l'ex re Mida della farmaceutica che a margine di Mani pulite collezionò condanne ma anche assoluzioni, un accostamento che in effetti non c'entrava niente. E battute che neppure le riportiamo, perchè sono poca cosa, ma è più significativa questa uscita che non doveva far ridere, e che non l'ha fatto: «Tutte le battaglie per cui mi sono battuto», ha detto Grillo, «stanno scomparendo. Ho fatto tanto per questo Paese, ma non mi viene riconosciuto».
Giuseppe Piero Grillo ha fatto tanto per questo Paese, sicuramente. Anche se nessuno o quasi ricorda più (per tornare indietro esattamente di dieci anni) quando il comico politicante definiva il Partito Democratico un «magna magna da quattro soldi», quando definiva «salma» il presidente della Repubblica, dava di «puttana» a Rita Levi Montalcini (perse sonoramente la causa civile) e quando se la prendeva con Luxuria e Nicky Vendola in quanto omosessuali, e poi coi Rom, con Renzi definito «ebetino», quando diceva che l'Aids era una totale invenzione (figurarsi che cosa avrebbe detto del Covid) e di passaggio teorizzava che Bin Laden non era poi così male (era stato tradotto male dalla Cia, diceva) e aggiungeva che la condizione della donna araba non era poi così terribile, senza contare il danno maggiore di Grillo, quello sì indimenticabile: l'aver mandato a Montecitorio un massa di onorevoli che vaneggiavano letteralmente, gente che scambiarono una stratosferica ignoranza per «nuova politica». Non è vero che certe battaglie stanno scomparendo: sono scomparse le evocazioni di un futuro distopico che non c'è, ma è rimasto lo sdoganamento dell'odio sociale che c'è, più becero che mai, e che cosa c'è in fondo al tunnel, il tunnel di Grillo? Giuseppe Conte. E al potere, per esempio, c'è un altro Giovanni come Toti, uno che ha gestito per anni la sua Liguria (pure bene, dicono) ma che ora è diventato «uno di Rete 4, finito a gestire pezzi di terreni e concessioni». Mentre i suoi i grillini non erano niente, non gestiscono niente e, ora, non gli riconoscono niente: perché c'è un avvocatino di Volturara Appula che ha paura anche della sua ombra. E che vorrebbe che Grillo restasse zitto.
Non è simpatia residuale per un comico su cui il tempo ha fatto giustizia: è una compassione umana che la politica non conosce. Qualcuno avrebbe potuto già insospettirsi dall'esordio cinematografico di Grillo: «Cercasi Gesù». Anche la discesa in campo di Silvio Berlusconi lo impressionò: «Questi sono da mandare via, ecco perché sono contento che è venuto fuori Berlusconi: lo voglio andare a votare». Disse così.
Nel 1995 invece disse a Curzio Maltese di Repubblica: «Candidarmi sarebbe un gioco da ragazzi, prenderei il triplo del Berlusca, mi presento in tv e dico: datemi il vostro voto che ci divertiamo, sistemo due o tre cose. Un plebiscito». Ora Grillo fa spettacoli a Camogli con la sala mezza vuota, il PD potrebbe doppiare i Cinque Stelle, e la gente non ha più tanta voglia neppure di ridere.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.