È una fotografia in bianco e nero, quasi un dagherrotipo quella della società italiana che emerge dal censimento permanente della popolazione e delle abitazioni 2018 e 2019 dell'Istat. Perché i residenti al 31 dicembre 2019 (pari a 59.641.488, per la precisione) sono sempre più anziani. Più della metà, il 53,5 per cento, ha più di 45 anni, nel 2011 gli Under 45 erano il 48,2 per cento. Si è alzata anche l'età media, passata da 43 a 45 anni. Oggi, come nel 1951, la regione più giovane è la Campania, con una media di 42 anni, la più anziana la Liguria, con 49 anni, ma l'età media si è alzata di 13-14 anni. In aumento anche i cosiddetti «grandi anziani»: gli ultra-85enni passano dal 2,8 al 3,7 per cento sul totale della popolazione ma l'incremento maggiore si registra nella fascia 90-94 (+36,5%) e 95-99 anni (+30,2%). Diminuiscono gli ultracentenari, che però nel 2019 erano ben 14.804.
Rispetto al 2018 si sono registrati circa 175mila residenti in meno anche se la popolazione è rimasta sui livelli del 2011. Il crollo demografico non è avvenuto per la presenza dei residenti stranieri, la cui età media è di 34,7 anni, praticamente come gli italiani negli anni 50. Dal 2001 sono aumentati di oltre 3 milioni e 700 mila unità (+277,5%) e sono ora l'8,4 per cento della popolazione. Una Babele di 195 nazionalità in cui domina la Romania, che da sola rappresenta quasi un quarto del totale, seguita a grande distanza da Albania e Marocco.
Il calo della popolazione sembra irreversibile, e quasi certamente nel 2020 si ridurrà ulteriormente, come ha anticipato il presidente dell'Istituto di statistica Gian Carlo Blangiardo: si prevedono infatti 700mila decessi complessivi, un valore superato l'ultima volta solo nel 1944, durante la guerra.
Non solo gli italiani invecchiano ma cambiano casa, con una fuga dal Sud e dai piccoli centri. La popolazione residente diminuisce nei comuni con meno di 5 mila abitanti (che hanno perso 520.843 cittadini rispetto al 2011) e aumenta soprattutto nei comuni tra i 50 mila e i 100 mila abitanti (+3,6%) e in quelli con oltre 100 mila abitanti (+2,5%). Quanto ai flussi, mentre la popolazione aumenta in sei regioni del Centro-Nord - Trentino-Alto Adige (+4,7%), Lazio (+4,6 %), Lombardia (+3,3 %), Emilia-Romagna (+2,8 %), Toscana (+0,6 %) e Veneto (+0,5 %) - diminuisce in Basilicata (-4,3%), Molise (-4,2%) e Calabria (3,3%) e per la prima volta anche in Liguria (-2,9%), Sicilia (-2,6%) e Puglia (-2,4%).
Notizie blandamente positive vengono dai dati Istat su occupazione e istruzione.
Aumentano i residenti che hanno conseguito l'ambita laurea: quasi 14 nel 2019 (erano 11 nel 2011) e 36 i diplomati (31 nel 2011) ogni 100 cento individui residenti da nove o più anni. I supercolti che hanno conseguito un dottorato di ricerca passano da 164.621 a 232.833, con un balzo superiore al 40 per cento anche se restano mosche bianche (0,4%). Il 29,5 per cento degli italiani si è fermato alla licenza di scuola media e il 16 a quella di quella di scuola elementare. E sono ancora il 4,6 per cento gli analfabeti e alfabeti senza titolo di studio.
Aumenta la forza lavoro e calano gli inattivi. Gli occupati salgono al 45,6 per cento dal 45 del 2011.
Sale di poco la quota di donne occupate, che passa dal 41,8 del 2011 al 42,4 del 2019. Eppure è proprio la componente femminile la più istruita: su 100 laureati quasi 56 sono donne. Che sono anche più degli uomini: il 51,3 per cento del totale dei residenti.
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