L'Australia non ci sta a finire nella lista nera dell'Unesco e ha già annunciato che impugnerà la decisione dell'Organizzazione di includere la Grande Barriera Corallina nella black list del Patrimonio mondiale in pericolo. La mossa era nell'aria da anni, eppure il governo australiano era sempre riuscito a respingerla. Questa volta si prepara battaglia. Sarebbe infatti un danno enorme per l'Australia e il suo sistema corallifero, il più esteso del mondo, più grande dell'Italia e situato nel settore nord-orientale del Paese. L'Unesco sarebbe preoccupata dai livelli di inquinamento che stanno mettendo a rischio l'habitat e le creature viventi e minaccia così di «declassare» la Grande Barriera australiana. Lo stesso preoccupante monito arriva anche per l'Italia, il dito puntato su Venezia che insieme alla Grande Barriera Corallina potrebbero finire nella categoria «endangered» dei siti Unesco, la lista nera che indica le aree patrimonio dell'umanità considerate a rischio di sopravvivenza. Una lista che normalmente annovera luoghi minacciati dal clima, se non da guerre o da contingenze politico-economiche particolarmente disastrate. Insomma uno smacco anche sotto il profilo dell'immagine, che può essere addirittura il preludio all'esclusione dal World Heritage che si terrà a luglio a Fuzhou in Cina, Paese che al momento regista un rapporto con l'Australia non dei migliori. Un tema ambientale dunque o piuttosto politico? L'Australia avanza il sospetto che ci sia proprio la Cina a fare pressioni. «Ci appelleremo, ma Pechino ha molto potere, il meeting si svolge in casa loro, quindi non abbiamo molte speranze», ha spiegato alla Reuters una fonte governativa. Il comitato che si riunirà tra poche settimane avrà il compito delicatissimo di scegliere le new entry, ed escludere anche gli inadempienti. Non di scelte dettate dalla politica, ma di reazioni dettate da realtà oggettive parlano invece gli ambientalisti. Nella bozza della decisione sullo status dei vari luoghi dichiarati come Patrimonio dell'Umanità, l'agenzia delle Nazioni Unite fa notare che il governo australiano deve prendere impegni «più forti e chiari» per proteggere lo stato della Grande Barriera Corallina, inclusa nel patrimonio mondiale dal 1981 e minacciata dal cambiamento climatico. Secondo le organizzazioni ambientaliste, questa raccomandazione denuncia la mancanza di volontà del governo di Canberra di ridurre le emissioni responsabili dell'«effetto serra». Nella bozza della decisione sullo status dei vari luoghi dichiarati come Patrimonio dell'Umanità, l'Unesco fa preciso riferimento alla necessità di «migliorare la qualità dell'acqua» e quando parla del suo deterioramento fa esplicito riferimento agli episodi di sbiancamento dei coralli, conseguenza del surriscaldamento climatico. «Sono d'accordo che il cambiamento climatico globale è la più grande minaccia per le barriere coralline del mondo, ma è sbagliato, a nostro avviso, designare la barriera corallina meglio gestita del mondo in un elenco di siti in pericolo», ha osservato il ministro australiano dell'ambiente, Susan Ley. La Grande Barriera Corallina, che si estende per 2.300 chilometri ospita 400 tipi di corallo, 1.500 specie diversi di pesci e 4.
000 varietà di molluschi; ha però cominciato a deteriorarsi negli anni '90 a causa del doppio impatto, da una parte il riscaldamento dell'acqua del mare, dall'altra l'aumento della sua acidità dovuto alla maggiore presenza di anidride carbonica nell'atmosfera.
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