Non è un'inchiesta e nemmeno un processo, ma molto di più. È la metamorfosi del presidente del Consiglio in carica in un signore vizioso, un magnate a luci rosse che ha in testa solo quello e ha trasformato la villa di Arcore in una sorta di lussuoso motel frequentato da legioni di prostituite. È un colpo imparabile quello sferrato dal Fatto Quotidiano che ad ottobre 2010 racconta per la prima volta la storia di Ruby. C'è il sesso, ci sono lei e lui, ci sono ragazze bellissime disposte a tutto. E la stampa mondiale, non solo, quella italiana, si impadronisce in pochi giorni dell'indagine che sulla carta era segretissima e invece diventa argomento di conversazione ovunque. Le foto del Cavaliere con didascalie hot finiscono sulle prime pagine dei grandi quotidiani: Liberation, El Pais, Daily Telegraph e via elencando un'edicola intera. Escono verbali che sembrano sceneggiati da maestri del fumetto: ci sono Ruby e le Olgettine, una nuova versione lessicale del mestiere più antico del mondo, con nomi e cognomi, le loro richieste smisurate, i commenti acidi, i litigi furibondi. Poi c'è il bunga bunga, espressione che il Cavaliere - sempre da narrazioni di polizia a giudiziaria - avrebbe mutuato dal suo amico Gheddafi. Davvero in questa storia che si sviluppa in tempo reale non manca nulla: il fondale esotico, le immagini pruriginose e quelle fra l'umiliante e l'imbarazzante, una galleria incredibile di personaggi e le parole chiave che le opposizioni cavalcano.
Ruby diventa la nipote di Mubarak, sollecitando nuovi sarcasmi planetari, e la ragazza marocchina si porta dietro Nicole Minetti, l'igienista dentale e consigliera regionale che diventa il bersaglio fisso di molti articoli.
Insomma, si può discutere di tutto e criticare in modo serrato Berlusconi e il suo mondo, ma il punto è un altro: in quella fase, che è quella delle indagini, c'è una totale asimmetria fra accusa e difesa e dilagano le indiscrezioni, vere o verosimili non importa, le insinuazioni, le interviste che promettono rivelazioni sconcertanti, i veleni e i gossip e i pettegolezzi più sfrenati in un carosello che non finisce mai.
La condanna, pesantissima in primo grado, e poi la sequenza di assoluzioni arriveranno dopo, negli anni successivi, ma in quei tredici mesi, dall'ottobre 2010 al novembre 2011, Berlusconi consuma il suo prestigio internazionale: non può fermare la valanga che è peggio, molto peggio, di una pena pesantissima. Ed è stretto in una tenaglia, perché i giudici accelerano: il 15 febbraio 2011 il gip Cristina Di Censo rinvia a giudizio il Cavaliere con rito immediato e dunque, si presume, prova evidente. il Pd chiede «dimissioni ed elezioni anticipate». Bersani rincara la dose: «Esiste la decenza». E Di Pietro va anche oltre: «Se Berlusconi non se ne va, intervenga Napolitano». A tambur battente il 6 aprile si celebra la prima udienza.
Il Governo Berlusconi cade nel novembre 2011 sotto il peso di una crisi finanziaria violentissima e l'inarrestabile ascesa dello spread. Per il Cavaliere c'è una sorta di congiura internazionale per farlo fuori e lo storico sorrisetto della coppia Sarkozy Merkel è l'icona di quella stagione. Ma non si capirebbe quella sorta di fuori onda devastante senza gli atti che dalla procura di Milano hanno raggiunto i paesi più sperduti della terra. C'è tutto un filone di saggistica erotico politica che ha Berlusconi come protagonista assoluto. Ce n'è un altro, più antico e ancora più inquietante: quello del Cavaliere con le mani sporche di sangue, regista delle stragi e complice dei boss, ma questa narrazione non ha presa sull'opinione pubblica.
Qui invece il discredito porta alla demolizione del personaggio pubblico e non si può più nemmeno parlare di interferenza o di invasione di campo. Il processo che la procura di Milano perderà infine in tutte le sedi, dopo aver trionfato al primo round nel 2013, viene stravinto prima, fra ammiccamenti, risate e dosi massicce di indignazione.
Il premier che si accompagna a una minorenne marocchina non è degno di stare a Palazzo a Chigi. Lo martellano i grandi giornali, lo ripetono i parlamentari. Il finale è già scritto, anche se si giocherà altrove. Misurando fra Roma e Bruxelles l'andamento dei titoli.
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