Guinea, le miniere dietro al golpe

L'uomo forte Doumbouya vuole trattare nuovi accordi con la Cina

Guinea, le miniere dietro al golpe

Antonio Mancuso, 52 anni, è l'assistente consolare italiano in Guinea. Al Giornale racconta le ore concitate nella capitale Conakry dopo il golpe di domenica. «La comunità italiana sta bene. Qui in città siamo in 35 residenti. Voglio tranquillizzare tutti i parenti che sono in apprensione. Viviamo una sorta di caos calmo. Ho visto i militari per le strade dal balcone di casa. Non è stato sparato alcun colpo. L'ambasciatore Spadavecchia segue la vicenda con grande serenità e si tiene in contatto con Roma». Tutto questo mentre il colonnello Mamadi Doumbouya, capo del Gruppo delle forze speciali dell'esercito guineano, che ha deposto il presidente Alpha Condé nel corso di un colpo di stato incruento promette «sei mesi di transizione, poi andremo a elezioni democratiche».

Ieri mattina ha convocato i giornalisti in un'ala del palazzo presidenziale spiegando i motivi che hanno condotto i soldati a incarcerare Condé. Com'era nelle previsioni, ha parlato di «atto di responsabilità nei confronti dei cittadini. La corruzione e la violazione dei diritti ci hanno spinto a prendere queste misure». In realtà la vera intenzione dell'ex comandante della legione straniera francese sembra essere quella di mettere le mani sulle miniere di bauxite e trattare personalmente nuovi e redditizi accordi con la Cina. Si parla di un giro d'affari da 3 miliardi di dollari l'anno. In Guinea, Pechino fa man bassa della roccia che costituisce la principale fonte per la produzione dell'alluminio. È l'oro rosso del quale il paese africano è diventato il secondo produttore del pianeta. Dalla Guinea la bauxite viene caricata sui vettori e trasportata in Cina, consumatore per eccellenza di alluminio al mondo. La prima compagnia mineraria del paese, la Smb, è inquadrata e cofinanziata dai cinesi. Non è un caso che il coprifuoco (dalle ore 22+) non sia stato esteso alle miniere, gremite di operai 24 ore al giorno.

Al momento, come in un film già visto, la popolazione si è schierata a fianco dei militari, chiedendo «lavoro e giustizia». Ieri Doumbouya è stato accolto da una folla festante. Ha spiegato che Condé si trova in carcere, «trattato con i guanti bianchi», ma ha anche ordinato ai ministri dell'esecutivo di dimettersi, obbligandoli a consegnare i passaporti all'esercito.

Quello della mobilità è un problema serio. Fino a ieri il traffico aereo è stato bloccato. Solo alla nazionale di calcio del Marocco, impegnata a Conakry per una gara di Coppa del Mondo, è stato consentito il rientro a Casablanca. Oggi dovrebbero tornare in Europa i calciatori della selezione locale, tra i quali figura anche l'atleta del Bologna Amadou Diawara.

La Farnesina segue l'evolversi della situazione e il vice ministro degli Esteri Marina Sereni ha espresso in un tweet «grande preoccupazione per quanto sta avvenendo. Condanniamo il tentativo di cancellare la costituzione con la violenza e chiediamo il dialogo tra le parti».

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