Essere un imbarazzo anche dopo aver rinunciato al Regno. Non si ricorda fine più ingloriosa di quella che è toccata a Juan Carlos, 82 anni, ex monarca di Spagna, parabola discendente di un re eroe della democrazia a corrotto e odiato. Da mito a nemico del popolo, pesa tutto in questi 39 anni di regno. E così ieri, prima di essere cacciato per indegnità dalla Zarzuela, il palazzo reale, il re emerito Juan Carlos di Borbone ha deciso di abbandonare la Spagna. A comunicarlo è stato il figlio, re Felipe VI, diverso e opposto, così legato alla mamma Sofia e già ai ferri cortissimi che salito al trono come primo atto, gli ha negato un ufficio a Palazzo. Sono cambiati i tempi, è cambiata la Spagna, e troppe inchieste giudiziarie soffiano sul collo di questo vecchio monarca che ha perso il suo tocco e soprattutto ha perso l'amore incondizionato della sua gente. Eppure ci sapeva fare Juan Carlos, anche se non si faceva problemi ad ammettere che non era mai riuscito a finire un libro in vita sua, più intelligenza che cultura la sua. «Qui sono scarso», confessò una volta a un politico toccandosi la testa; «ma qui», e si toccò il naso, «sono imbattibile». E lo aveva dimostrato fin dall'inizio della sua carriera, quando alla fine della dittatura, barattò il potere con la discrezione sulle proprie spese e sulla tolleranza sulla propria vita privata. A lui si perdonava tutto perchè era orgoglio nazionale, l'esuberanza del suo sangue blu piaceva, le corse notturne nel centro di Madrid su una delle sue 72 auto sportive, i maschi lo invidiavano per le sue millecinquecento amanti a certificare il macho latino. Fino all'ultima, l'austriaca, quella di troppo. Corinna zu Sayn-Wittgenstein, amante nobildonna elevata quasi al rango di seconda moglie. C'era anche lei nel 2012 in Botswana quando si fratturò l'anca durante una caccia all'elefante. Un bel guaio per uno che è anche presidente onorario del Wwf spagnolo. I giornali infransero lo storico patto del silenzio e la notizia uscì. Erano i mesi più duri della crisi spagnola, migliaia di famiglie avevano perso la casa. Juan Carlos capì e chiese scusa ma non bastò. Era l'inizio della discesa. Un re travolto, nonostante il suo infallibile fiuto di togliersi di mezzo al momento giusto. Nel 2014. Nel mirino della magistratura era già finita sua figlia Cristina, e lui comprese che era il momento di sparire. Credeva potesse bastare ma non ha funzionato. Da settimane il governo progressista di Pedro Sánchez chiedeva all'attuale monarca di prendere duri provvedimenti nei confronti del padre in seguito alle inchieste sempre più imbarazzanti della magistratura elvetica e del Tribunale supremo spagnolo sui conti in Svizzera e le società offshore nelle quali Juan Carlos avrebbe depositato presunte tangenti: in particolare, la più clamorosa, quella da 100 milioni di dollari ottenuta dall'ex re Abdallah dell'Arabia Saudita per la sua opera di mediazione nella trattativa per l'assegnazione a un consorzio di 12 imprese spagnole dell'appalto per la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità tra La Mecca e Medina.
Il 15 marzo l'ultimo affronto, l'ultima presa di distanza da quel padre diventato una vergogna da nascondere. Il re Felipe dichiarava di rinunciare all'eredità di suo padre Juan Carlos e gli tagliava l'assegno annuale di 200mila euro di fondi pubblici che percepiva.
«Il re è nudo», titolavano i giornali. Juan Carlos non è ancora ufficialmente indagato, anche se fonti giudiziarie svizzere non escludono che lo sarà in futuro. Fine ingloriosa di un monarca che oggi può solo sperare nell'oblio.
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