Altre quattro ragazze tenute in ostaggio a Gaza saranno libere oggi, salvo colpi di scena. Hamas ieri ha reso noti i nomi delle soldatesse israeliane che dovrebbero uscire in cambio del rilascio di prigionieri palestinesi, anche se sul numero preciso di questi ci sono ancora incertezze. Tel Aviv ha fatto sapere che non farà saltare il piano, nonostante l'organizzazione terroristica abbia di fatto violato l'accordo, in quanto prevedeva che venissero rilasciati prima i civili. Le quattro soldatesse sono: Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag, tutte ventenni. Ciò vuol dire che le civili Arbel Yehud, prigioniera della Jihad islamica, e Shiri Bibas, madre dei due bambini ancora nella Striscia, dovranno aspettare.
Karina Ariev è nata 19 anni fa a Gerusalemme. Era apparsa a luglio in un video in cui implorava il governo di Netanyahu di «fermare la guerra». Seduta accanto a lei, Daniella Gilboa, che ha raccontato di essere stata presa dal suo letto. «Una volta le vostre bombe mi hanno quasi ucciso», aveva detto rivolgendosi alle autorità israeliane. Tre settimane fa, in occasione della ripresa dei negoziati a Doha, la diciannovenne Liri Albag è apparsa pure in un video. «Cosa fareste se qui ci fosse un vostro familiare?», aveva chiesto prima di scoppiare in lacrime. La famiglia aveva dichiarato che appariva irriconoscibile. Naama Levy, 21 anni, è invece apparsa nei video del 7 ottobre ferita, con i pantaloni insanguinati e con le mani legate dietro la schiena, trascinata su una jeep e poi portata nella Striscia. «Ho degli amici in Palestina», la si sente dire ai suoi rapitori. Cresciuta in India, aveva fatto parte di Hands of Peace, organizzazione che promuove la pace tra i giovani israeliani e palestinesi.
Quei video hanno alimentato ancor di più la rabbia dei parenti dei sequestrati, e le pressioni sul governo. Ieri le famiglie hanno bloccato la principale autostrada di Tel Aviv, e hanno chiesto a Netanyahu di non soccombere alle pressioni di Smotrich e Ben-Gvir. «Non lasceremo che estremisti seppelliscano gli ostaggi nei tunnel», hanno urlato. Anche perché la guerra continua su altri fronti. Gli scontri non si fermano in Cisgiordania, e, secondo fonti palestinesi, Qays al-Saadi, il comandante a Jenin delle Brigate Az ad-Din al-Qassam, si è consegnato all'Idf. Mentre Tsahal è andato avanti con la pesante offensiva nel campo profughi della città, per il quarto giorno consecutivo. Droni israeliani hanno lanciato esplosivi e sono stati arrestati numerosi residenti. I bulldozer hanno spianato tratti di strada e gli ingressi alle città di Jenin, Al-Yamoun e Silat Al-Harithiya, bloccando di fatto le vie di fuga degli sfollati.
Anche al confine con il Libano la situazione sembra complicarsi. Israele ha reso noto che il suo ritiro dal Sud non sarà completato domani, in quanto l'esercito di Beirut non è ancora dispiegato nell'area e Hezbollah non si è ritirato oltre il Litani. Lo Stato ebraico fa sapere quindi che non metterà a rischio i suoi cittadini nel Nord. Le atrocità proseguono pure a Gaza. A Rafah miliziani di Hamas hanno sparato contro bande che saccheggiano i camion con aiuti umanitari.
Mentre Gaza Now, canale che vanta 1,7 milioni di follower su Telegram, ha pubblicato un video in cui si vede un gruppo di Hamas mentre apre il fuoco su tre uomini stesi a terra. Il filmato è accompagnato dalla didascalia: «Il momento della punizione degli agenti dell'occupazione sionista che hanno causato l'uccisione di migliaia di palestinesi a Gaza».
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