Uno per uno, ecco tutti gli orrori commessi sulle donne israeliane

"L'hanno stuprata, in gruppo. Poi mutilata. L'ultimo dei suoi aguzzini le ha sparato alla testa, uccidendola, ma ha continuato a violentarla"

Uno per uno, ecco tutti gli orrori commessi sulle donne israeliane

La verità è emersa dai video di propaganda girati dai terroristi, dalle testimonianze dei sopravvissuti, dai resoconti medici e legali. Hamas il 7 ottobre non ha compiuto solamente una mostruosa strage contro 1200 israeliani. I terroristi islamici si sono accaniti con particolare ferocia sulle donne, con stupri, mutilazioni, umiliazioni di ogni genere. Secondo alcuni degli ostaggi liberati dopo la prigionia nella Striscia di Gaza, gli integralisti continuano ad abusare delle cittadine israeliane ancora nelle loro mani o in quelle dei gruppi affiliati. Eppure ci sono voluti cinque mesi perché le Nazioni Unite riconoscessero, in un rapporto appena pubblicato, parte degli orrori commessi il 7 ottobre contro le donne dello Stato ebraico.

Molti movimenti femministi, da sempre in prima linea per denunciare e combattere la violenza di genere, non hanno fatto della denuncia pubblica e ferma di questo «femminicidio di massa» il simbolo della propria battaglia in occasione dell’8 marzo, una data tanto simbolica quanto vicina a uno dei peggiori e più recenti orrori perpetrati contro le donne nel mondo.

«L'hanno stuprata, in gruppo. Poi mutilata. L'ultimo dei suoi aguzzini le ha sparato alla testa, uccidendola, ma ha continuato a violentarla» (racconto di una testimone del SuperNova Festival, 7 ottobre). «Se la passavano e lei sanguinava dalle parti intime. Le hanno tagliato un seno, l'hanno gettato per strada e poi si sono messi a giocarci», ricorda sotto shock la sopravvissuta. «Alcune donne sono state stuprate prima di essere uccise, altre mentre erano ferite, altre erano già morte quando i terroristi continuavano ad abusare dei loro corpi» (resoconto di un altro testimone, confermato alla Bbc).

Le abbiamo viste con le mani legate, i pantaloni sporchi di sangue, i corpi seminudi trascinati nei pick up nei filmati diffusi da Hamas per esaltare i propri crimini. Lo confermano i racconti dei testimoni degli orrori del 7 ottobre in Israele, le dichiarazioni di chi ha lavorato alla rimozione e al riconoscimento dei cadaveri, i rapporti stilati da medici e legali. Il 7 ottobre gli estremisti islamici che hanno attaccato Israele non hanno semplicemente compiuto una strage di 1200 israeliani. Hanno usato la violenza sessuale e lo stupro di gruppo come arma di guerra. Hanno costretto familiari e membri della comunità ad assistere alle brutalità commesse contro i loro cari. Le testimonianze riferiscono di corpi legati ai letti o agli alberi, di ossa pelviche rotte, di sperma di 10-12 persone rinvenuto su singoli cadaveri, di decine di corpi trovati con gli indumenti intimi strappati e il sangue che scorreva dall'inguine, di chiodi, coltelli e trappole esplosive inserite nei genitali. Pratiche sadiche, come dimostrano i corpi nudi, legati l'uno all'altro, trovati in un'abitazione con manifesti segni di violenza sessuale sulla donna oppure come provano i cadaveri di un'altra coppia picchiata, stuprata e uccisa durante un abbraccio forzato su ordine dei terroristi (report dell'Associazione israeliana dei Centri di crisi sullo stupro).

Sono resoconti, quelli che arrivano da Israele, che rendono l'8 marzo, Giornata internazionale della donna, una ricorrenza diversa quest'anno, l'occasione per ricordare che la battaglia per i diritti delle donne non può non accompagnarsi al riconoscimento e alla denuncia degli orrori commessi da Hamas contro le donne in Israele. Crimini di guerra e contro l'umanità che qualcuno non a caso vorrebbe venissero riconosciuti come «femminicidio di massa». «Eppure - denuncia Israele - il silenzio degli organismi internazionali per la lotta contro le violenze e le discriminazioni di genere è stato e continua ad essere assordante».

A cinque mesi dal massacro, dopo 45 giorni di indagini, lo ha ammesso anche l'Onu nel primo rapporto condotto sotto la guida di Pramila Patten, inviata speciale delle Nazioni Unite per le violenze sessuali nei conflitti. Ci sono «informazioni credibili» su stupri e violenze di gruppo in «almeno tre luoghi», il sito del festival musicale Supernova, il kibbutz Re'im e la Route 23. «Ho visto cose qui che non ho visto in nessun altro posto al mondo», ha ammesso Patten già a fine gennaio.

«Togliti i pantaloni» è una delle frasi trovate in un glossario arabo-ebraico stilato da Hamas e rinvenuto il 2 novembre 2023 nel corso delle indagini sul 7 ottobre. «Sgozzavano le persone, facevano sesso con i cadaveri delle donne», ha confermato uno dei miliziani arrestati per la strage, durante gli interrogatori di polizia e servizi segreti israeliani. Perché prendevano bambini e neonati? «Per stuprarli», confessa un altro.

Come se non bastasse, le testimonianze degli ostaggi rilasciati, e tornati nelle proprie case in Israele dalla Striscia di Gaza, confermano come lo stupro sia un'arma che i terroristi islamici continuano a usare contro le donne ancora nelle loro mani, prigioniere nella Striscia da 153 giorni. Abusi sessuali perpetrati non solo nel giorno più sanguinoso per Israele dall'Olocausto ma ancora oggi, nei tunnel sotterranei di Gaza dove tengono in ostaggio almeno 100 degli israeliani rapiti e ancora vivi. Shir Siegel, catturata nel kibbutz Kfar Aza, 51 giorni trascorsi nelle mani degli integralisti prima della liberazione, si è detta sicura, di fronte alla Commissione della Knesset, il Parlamento israeliano: «Proprio in questo momento qualcuno viene stuprato in un tunnel». «Questo l'ho visto con i miei occhi», ha raccontato la madre Aviva, anche lei rapita e poi rilasciata da Hamas, mentre il marito è tuttora prigioniero nella Striscia. «I terroristi hanno portato alle ragazze abiti impropri, abiti per bambole, e le hanno trasformate nelle loro bambole. Fantocci con i quali si poteva fare quanto si voleva, quando si voleva». Chen Almog-Goldstein, il cui marito è stato ucciso mentre lei veniva rapita con tre figli, e che ha scoperto della morte della sua quarta mentre era nelle mani degli aguzzini a Gaza, ha avvertito i deputati: «Ci sono ragazze lì senza mestruazioni da molto tempo. Forse è per questo che dovremmo pregare: che sia il corpo a proteggerle in modo che, Dio non voglia, non rimangano incinte».

Tamar Herzig, storica israeliana dell'Università di Tel Aviv, è fra gli intellettuali che hanno denunciato il silenzio di una parte dei movimenti femministi sulle violenze di Hamas e chiesto che vengano riconosciute l'8 marzo. La studiosa ha chiamato in causa «Non una di meno», il gruppo che si batte contro la violenza di genere, «ma si dimentica sempre del 7 ottobre», tanto che nelle locandine per la Giornata della donna ha inserito la bandiera palestinese.

«Un'immagine finta e pericolosa, che dimentica la violenza patriarcale contro le donne israeliane», ha commentato. «Riconoscere la sofferenza delle donne israeliane non significa cancellare quella delle donne palestinesi. Si possono riconoscere entrambe, una non cancella l'altra».

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