Quaranta giorni di silenzio, poi l'inchiesta. Nel blitz in casa Omerovic, a Primavalle, i punti che non tornano ai magistrati sono molti. A cominciare dal post su Fb che avrebbe mosso la «squadretta» della polizia giudiziaria. La donna che il 24 luglio l'ha messo in rete nel gruppo di quartiere viene ascoltata 9 giorni fa dalla squadra mobile romana, ben 42 giorni dopo il fatto.
Eppure la sua testimonianza è fondamentale per chiarire il motivo che spinge la polizia a interrogare un possibile molestatore, senza mandato della Procura e senza denuncia scritta e orale. Dunque senza i requisiti necessari, la flagranza di reato o il sospetto di armi e droga, per intervenire. La relazione di servizio è stata fatta in un secondo momento? E perché arriva alla «mobile» solo dopo che scoppia il caso? Oltre ai quattro agenti in borghese, chi c'era nell'appartamento al piano rialzato di via Gerolamo Aleandro 24? I poliziotti si presentano da un disabile, sordomuto, senza alcun sostegno. Il dirigente del commissariato sapeva quello che faceva la «speciale»? Gli indagati per tentato omicidio, intanto, salgono a otto e non si esclude che si possa procedere anche per falso e depistaggio. Sul posto, dopo il volo di otto metri e mezzo di Hasib, i residenti vedono altri poliziotti, tutti in divisa. La versione che riportano ai genitori, Mehmedalija Omerovic e sua moglie Fatima Sejdic, quando rientrano con la figlia Erika, parla di un accertamento in quanto il figlio avrebbe molestato delle donne nel quartiere. «Improvvisamente sentiamo aprire le tapparelle della camera da letto e vediamo Hasib gettarsi dalla finestra» spiega loro un poliziotto di Primavalle, tale Andrea. Forse questo è l'unico punto certo. Il 36enne si sarebbe gettato nel cortile interno, che non è però allo stesso livello del piano stradale, per fuggire. Il perché lo mima a gesti la sorella Sonita, una donna di 30 anni che ha però gravi disturbi psichiatrici: le botte. Hasib potrebbe aver reagito male all'irruzione degli agenti, anche se la polizia racconta al padre che il figlio era calmo e con tranquillità avrebbe consegnato loro i documenti. Ma il sangue a terra e sul letto, il termosifone divelto nel tentativo di sottrarsi alle guardie, la porta sfondata dicono il contrario. Cioè che la mattina del 25 luglio in quell'appartamento la situazione deve essere sfuggita di mano ai poliziotti. Ma ancora non si può escludere del tutto che a spingere l'uomo di sotto siano stati gli agenti.
Il manico della scopa spezzato in due: l'ha scagliato Hasib per difendersi o è stato usato per picchiarlo? Oppure, terza ipotesi, a romperlo è stato il padre del disabile, visto che i dirimpettai di via Pietro Bembo raccontano che il giovane veniva picchiato dagli stessi genitori? L'intervento fin troppo tempestivo alle case popolari.
Gli agenti conoscevano già il soggetto, probabilmente era stato già attenzionato tanto che basta un post sui social di quartiere per farli arrivare all'indirizzo giusto. «Non ho fatto nessuna denuncia in polizia» ribadisce Paola Camacci. La donna, spaventata da Hasib, scrive in rete di «fare attenzione a questa specie di essere perché importuna tutte le ragazze». Dalla foto di Hasib alla comparsa degli agenti in casa è un attimo.
Sull'esposto i genitori insistono: «Hasib non avrebbe potuto aprire perché non sente. E anche se la sorella gli avesse fatto capire che suonava qualcuno alla porta, gli abbiamo sempre raccomandato di non aprire a nessuno».
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