Oggi giornata di possibile allargamento della guerra che Israele deve combattere contro chi ha giurato di distruggerla. Il grande fuoco, ieri, nella sera di Kiriat Shmone, sul confine del Libano, causato da un missile di Nasrallah, è la degna quinta del teatro preparato dagli Hezbollah. Il loro capo, che dall'inizio della guerra Hamas aspetta all'angolo del comune giuramento, oggi parla. Avvolto nel mistero del suo turbante che ne fa l'ayatollah incaricato dalla gerarchia sciita iraniana che lo mantiene, lo arma, lo rende tanto importante, dirà se intende aprire il suo fronte. Fa paura? Ci prova con decisione, ieri gli obiettivi dei suoi missili sono stati una ventina di posizioni di Israele lungo il confine; l'Idf ha risposto fino a tarda notte. I suoi più di 50 morti di questi giorni Nasrallah in una lettera scritta a mano li ha già denominati «martiri sulla via di Gerusalemme».
Hamas, mentre l'esercito d'Israele avanza ed è ormai coi soldati dentro la città maggiore, guarda a Nord. Gli Hezbollah finora si sono tenuti bassi utilizzando soprattutto missili Kornett contro i soldati allineati lungo il confine. Poi, da domenica, è cominciato lo sfoggio del materiale iraniano, un drone israeliano è stato abbattuto con un missile terra aria, gli attacchi si sono moltiplicati, i cittadini sono stati evacuati dalle città del nord. L'esercito ha risposto purtroppo nello scambio a fuoco sono stati colpiti per caso anche due pastori libanesi, oltre a una cellula che stava lanciando un missile.
Che cosa dirà Nasrallah? Non solo il pubblico, ma anche i coprotagonisti sono numerosi e importanti. Il capo di Stato maggiore israeliano Herzi Halevi ha ripetuto il suo consiglio a tenersi fuori dallo scontro, pena gravi conseguenze. Netanayahu aveva già spiegato che una scelta sbagliata porterebbe all'intero Libano un disastro. Due notizie conducono il conflitto in uno scenario internazionale che può investire il mondo. La prima è quella di un accordo fra il Gruppo Wagner e Hezbollah: secondo il Wall Street Journal, il gruppo paramilitare starebbe fornendo un sistema di difesa aerea agli Hezbollah. La Wagner ha già i suoi uomini in Siria a fianco di un altro abominevole tiranno, Assad. L'altra importante notizia l'ha data l'Idf: una milizia iraniana ha raggiunto il sud del Libano. È il gruppo Imam Hussein, anch'esso finora impegnato in Siria. Russia e Iran così trovano qui un altro interesse comune oltre a quello per cui gli ayatollah forniscono droni a Putin contro l'Ucraina. Nasrallah cerca insieme ad Hamas la distruzione dello Stato d'Israele e vuole la primogenitura in questo compito. Deve tuttavia valutare alcune possibilità: a lui, che vanta un rapporto politico con lo scenario pluralistico del Libano sostenendo di farne gli interessi, sarebbe difficile sostenere una situazione in cui con una sua guerra rovina di nuovo il Libano intero, come nel 2006. In secondo luogo, la sua sete di sangue, certo pari a quella di Hamas, non ha, dopo il prudente sgombero dei civili israeliani di tutto il nord, dove avventarsi per una strategia di terrore civile.
Comunque l'ordine finale è dell'Iran. E ciò a cui anche l'Iran sta certo pensando bene, è il «don't» di Biden che oggi si concretizza plasticamente con l'arrivo in Israele del Segretario di Stato Antony Blinken, giusto in tempo per ascoltare il suo discorso.
Sullo sfondo le due portaerei e le armi americane dedicate alla difesa d'Israele. E anche la battaglia leonina che i soldati metro per metro stanno comattendo dentro Gaza: siamo in Medioriente. Secondo la cultura islamista la regola è: chi è forte deve essere rispettato, il debole mangiato.
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