"Ho denunciato lo stalking ma il cattivo sembro io"

L'azzurro di nuoto Manuel Bortuzzo racconta la fine dell'amore con Lulù Selassié: "Da solo non ne sarei mai uscito"

"Ho denunciato lo stalking ma il cattivo sembro io"

Manuel Bortuzzo, 26 anni, campione di nuoto. Dieci anni fa, juniores, stabilì il record italiano sui 3000. Era una grande promessa. Quattro anni dopo, all'uscita di un pub alla periferia di Roma, per uno scambio di persona, fu colpito da una pallottola che lo lasciò paralizzato alle gambe. Manuel non si è dato per vinto, è tornato in vasca e oggi fa parte della nazionale paralimpica. L'altro giorno ha vinto un processo contro una sua ex fidanzata, Lulù Selassié, dalla quale Manuel ha subito stalking. Già, proprio così: lo stalking non è a «sesso unico». La sua ex è stata condannata a un anno e otto mesi, con la condizionale. Lui ora si sente più tranquillo, e mantiene un atteggiamento tutt'altro che vendicativo verso Lulù.

Com'è stata la vostra storia?

«È stata una normalissima relazione quella che ho avuto con Lulù Selassié. Come tutte le storie che possono avere i ragazzi di vent'anni. L'avevo conosciuta nella casa del Grande fratello nel settembre del 2022. L'ho lasciata pochi mesi dopo, il 25 aprile del 2023».

Perché hai deciso di lasciarla?

«Semplicemente perché vedevo che c'erano dei comportamenti suoi che erano troppo diversi dal mio modo di vivere e di pensare. Ho capito che non c'erano i presupposti per andare avanti».

E così hai chiuso?

«Sì ma fin da subito lei non mi ha preso sul serio. E me la sono ritrovata ovunque. Telefonate, messaggi, ma anche fisicamente: dove io andavo, lei si presentava. E tutte le volte le ribadivo che non l'avevo lasciata per un'altra donna, ma proprio perché volevo chiudere con lei. Niente: continuava a non farsene una ragione».

A te questa cosa angosciava?

«Certo che mi angosciava. Fin quando ero solo, vabbé. Però pensavo: quando non sarò più da solo e magari comincerò un'altra storia con un'altra ragazza?».

Ma lei che faceva?

«Nulla di male, magari stava fuori da un ristorante, aspettava anche solo per poter parlare, però me la ritrovavo veramente dappertutto».

Non hai mai pensato a riprendere la storia con lei?

«Non nego che ad un certo punto ho provato anche un riavvicinamento, per cercare di capire se in quel modo si sarebbe potuto risolvere il problema, e ci siamo per un periodo frequentati, e lei è come se avesse indossato una maschera adottando comportamenti che sapeva essere quelli che a me potevano piacere, pur di tenermi. Ma questo è durato poco, alla fine si è rivelata sempre per quella che è, e allora io ho deciso veramente di dire basta: chiudiamo definitivamente, perché io non ne voglio più sapere».

Chiuso?

«No, dopo due mesi si è presentata dall'altra parte del mondo dove io stavo facendo gli europei di nuoto, chiedendo insistentemente di volermi parlare. Quella volta ha anche alzato le mani».

In che senso?

«Sì, dalla violenza verbale si è passati alla violenza fisica. Ora io, vista la mia disabilità, mi trovo su una sedia a rotelle, nonostante ciò sono sicuramente grande, sono alto 1,95. Non è che non mi sappia difendere da uno schiaffo. La presi per un polso la accompagnai alla porta dicendole che ci saremmo visti in tribunale».

Si parla anche di minacce di morte nei tuoi confronti...

«Io la conoscevo molto bene e so perfettamente che lei non sarebbe mai arrivata a farmi realmente del male, quindi quando nelle discussioni mi diceva ti ammazzo, non ho mai pensato che realmente lo avrebbe fatto. Non era quello a farmi paura. Piuttosto mi angosciava quando lo diceva su se stessa, mi faceva pesare una specie di ricatto psicologico. Anche quella è una forma di violenza».

Quando si è arrivati allo scontro finale?

«Siamo arrivati ad un punto in cui mi sono reso conto di non riuscire più da solo a gestire questa situazione. Ho fatto ricorso al tribunale e ho ottenuto la misura cautelare di allontanamento».

Volevi colpirla?

«No, io non l'ho minimamente fatto per fare del male a lei o per una vendetta. L'ho fatto per me stesso, per tutelare la mia persona, la mia vita, la mia libertà, la mia serenità. Lungi da me l'idea di fare del male a quella persona alla quale a suo tempo ho voluto veramente molto bene».

Lulù ha fatto un post su Instagram, dove ha detto che tu hai mentito, che la vostra storia non è durata mesi ma anni...

«La nostra relazione è durata da settembre ad aprile».

Poi c'è stato il processo per stalking.

«La sentenza del processo l'ha condannata a un anno e otto mesi con sospensione della pena, la sospensione della pena non significa che era innocente».

Lei era ossessionata?

«Credo di sì, era una forma di malattia, di ossessione, riconosciuta dal tribunale che oggi le ha tolto il braccialetto elettronico, non la fa giustamente andare in carcere però la obbliga due volte a settimana a fare un percorso psicologico».

E tu, ora come ti senti?

«La cosa paradossale è che io ho la sensazione che nonostante non abbia fatto nulla di male, anzi nonostante io sia la vittima di tutta questa vicenda, alla fine per le persone risulto il cattivo che ha denunciato una ragazza ingiustamente».

Questa vicenda ha condizionato poi il tuo rapporto con le ragazze?

«Beh, chiaramente una cosa del genere ti segna molto, e l'unica cosa che posso dire è che forse sono molto più cauto quando mi avvicino a nuove storie».

Nello stalking c'è una differenza tra uomini e donne?

«L'amore vale per le donne e per gli uomini, non deve mai ammettere alcuna forma di violenza psicologica o fisica».

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