Hong Kong, Londra apre le porte e va allo scontro con Pechino

La risposta inglese alla sfida cinese. Potrebbero aspirare alla nuova cittadinanza in 350mila dell'ex colonia

Hong Kong, Londra apre le porte e va allo scontro con Pechino

Londra «Il Regno Unito manterrà la sua parola. Saremo all'altezza delle nostre responsabilità verso le persone di Hong Kong». Le parole che il ministro degli Esteri inglese Dominic Raab pronuncia in parlamento lunedì pomeriggio concludono con un pizzico di retorica la valutazione inglese della nuova legge sulla sicurezza di Hong Kong: «Costituisce una chiara e seria violazione della Joint Declaration», il documento firmato nel 1984 da Margareth Thatcher e dal primo ministro cinese Zhao Ziyang per regolare il passaggio dell'allora colonia sotto il dominio di Pechino. E subito dopo Raab dettaglia la risposta di Londra alla sfida cinese: offriamo agli abitanti di Hong Kong una via preferenziale per diventare cittadini inglesi.

Lo schema è riservato a chi è registrato come British Nationals (Overseas), uno status riservato a chi era cittadino di Hong Kong prima del trasferimento del territorio sotto l'autorità cinese nel 1997. Secondo quanto comunicato dal governo inglese, sono circa 350mila le persone che attualmente godono di questo status. Ma altri 2.5 milioni hanno i requisiti per farne domanda. Per queste persone Londra accantona le regole del nuovo sistema di immigrazione a punti che entreranno in vigore a inizio 2021 e offre un accesso preferenziale al Paese: il diritto di rimanere per studio o per lavoro nel Regno Unito per 5 anni, al termine dei quali si potrà richiedere il settled status e poi la cittadinanza. Non sono tutti i cittadini della città affacciata sul delta del Fiume delle Perle, ma comprendono un'alta percentuale della classe imprenditoriale e produttiva, dei migliori talenti e delle menti più dinamiche della metropoli asiatica e del continente. La proposta inglese mira ad attrarre persone altamente qualificate e innestarle nel tessuto inglese. Se anche solo una piccola parte di questi 3 milioni di persone decidesse di trasferirsi il colpo per Pechino potrebbe essere duro, specialmente da un punto di vista politico e di immagine. «La Cina condanna decisamente la presa di posizione inglese e si riserva il diritto di prendere ulteriori misure ha dichiarato ieri Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese - I britannici ne sopporteranno tutte le conseguenze». Che la partita per Londra sia molto difficile è fin troppo chiaro a Raab: se la Cina deciderà di impedire ai British Nationals (Overseas) di lasciare il Paese «ci sarebbe poco che noi possiamo fare per obbligarla con forza».

La parte di Davide la gioca Londra. Che però, se non può competere sul piano militare, ritiene di avere qualche asso economico da giocare. Dopo gli anni d'oro nelle relazioni anglo-cinesi durante il governo Cameron, la pandemia è risultata decisiva nel fare cambiare idea a gran parte dell'arco politico inglese. Le reticenze e le opacità cinesi all'inizio della crisi, la scoperta di essere troppo dipendenti da Pechino per molti prodotti medicali, la prova di forza in corso su Hong Kong, tutto questo sta inducendo Johnson a rivedere la sua posizione sullo sviluppo del 5G. A fine gennaio, nonostante il forte dissenso di Washington, il governo inglese aveva dato il via libera a Huawei per co-partecipare allo sviluppo della nuova tecnologia. È sempre più probabile che ora ci sia un'inversione di rotta e Huawei venga esclusa.

L'Australia sta pensando di replicare la proposta inglese, altri candidati ad accogliere chi sceglierà di (e potrà) lasciare Hong Kong sono Taiwan e gli Usa. Non pervenuta l'Italia, nessuna dichiarazione della Farnesina, nessuna presa di posizione di Di Maio.

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