"I boss tornino in cella". Bonafede si sveglia tardi e ora rischia la sfiducia

Il Guardasigilli si rimangia le scarcerazioni facili e si difende su Di Matteo. Ira centrodestra

"I boss tornino in cella". Bonafede si sveglia tardi e ora rischia la sfiducia

Tempi duri per il ministro Bonafede, che continua ad arrampicarsi sugli specchi. Dopo le dichiarazioni a Non è l'Arena di Massimo Giletti del pm Nino Di Matteo, la giustificazione del Guardasigilli arriva con netto ritardo. Tanto che le sue parole non convincono il centrodestra, in testa la Lega, che ora pensa a una mozione di sfiducia su cui stanno discutendo in prima persona Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Ieri Bonafede ha riferito alla Camera, ma le sue sono state dichiarazioni «scivolose», prese di mira anche da Forza Italia. Per il Guardasigilli «non ci fu alcuna interferenza, diretta o indiretta, nella nomina del capo del Dap. Ero già a conoscenza delle intercettazioni dei boss - ha chiarito - da prima del colloquio con Di Matteo». Quelle del giudice, per Bonafede, sono «parole campate in aria. Per lui non serve alcuna ulteriore dimostrazione dell'assenza di qualsiasi mia titubanza nella lotta alle mafie: basta semplicemente scorrere ogni parola di ogni legge che ho portato all'approvazione in questi due anni».

Ma le parole di Di Matteo non lasciano spazio a dubbi. Il 18 giugno gli pose «l'alternativa, andare a dirigere il Dap oppure prendere il posto di capo degli Affari penali». Bonafede insistette per gli Affari Penali, nonostante lui insistesse per il Dap. «Non dissi subito no - racconta Di Matteo -, ma manifestai perplessità. Siamo a giugno, disse Bonafede, lei mi manda il curriculum, a settembre sblocchiamo la situazione. Il giorno tornai in via Arenula per il nostro ultimo scambio di battute. Io gli dico di non tenermi più presente per alcun incarico».

Sulla vicenda è intervenuto anche il capo politico dei 5 stelle, Vito Crimi. «Non bisogna stare né con Bonafede né con Di Matteo, così facciamo solo brindare i boss». Durissima la replica di Forza Italia. La vicepresidente della Camera Mara Carfagna (Fi) ha attaccato: «Un conto è decomprimere le carceri mandando a casa imputati per reati minori, ma qui c'è il fondato sospetto che la criminalità organizzata sia riuscita a forzare le porte dei penitenziari usando a suo vantaggio l'allarme Covid».

Per il segretario regionale della Lega Sicilia Stefano Candiani «l'avvenuta scarcerazione di un mafioso, già condannato all'ergastolo per essere stato fra i carcerieri di Giuseppe Di Matteo, il bambino assassinato e sciolto nell'acido da Cosa nostra, è assurda».

Per Enrico Costa (Fi), «il ministro della Giustizia ha una responsabilità grande come una casa: aver legittimato, coccolato e rafforzato personaggi che mettono sotto i piedi le garanzie, la presunzione di innocenza, che usano i mass media per rafforzare la loro immagine e le loro inchieste».

La replica arriva dal M5s: «È un attacco indegno e pericoloso perpetrato da Forza Italia nei confronti della magistratura». Anche per Pierantonio Zanettin (Fi), «è inaccettabile che il ministro si prenda così beffa del Parlamento».

Bonafede ieri ha chiarito

anche che «è in cantiere un decreto legge che permetterà ai giudici, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l'attuale persistenza dei presupposti per le scarcerazioni dei detenuti di alta sicurezza e al 41 bis».

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