Accordo ma non troppo. La maggioranza trova la quadratura del cerchio sulla delega fiscale, incassando il placet del centrodestra con le modifiche agli articoli 2 sulla tassazione personale del reddito - e 6 - sulla riforma del catasto - della delega, con il testo che dopo il 12 giugno tornerà all'esame della commissione Finanze di Montecitorio per sbarcare poi in aula entro il 20 giugno.
In particolare sull'articolo 2, il compromesso si è trovato cancellando la previsione di un'evoluzione progressiva del sistema di tassazione verso un modello duale, che avrebbe previsto un'unica aliquota proporzionale per tutti i redditi fuori dall'Irpef. Sul punto, però, la sinistra punta i piedi. Ci pensa Leu con la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra, che pur considerando l'accordo «una base di partenza» punta i piedi proprio su quell'articolo 2. Che, spiega Guerra, «dopo l'ultimo compromesso voluto dal centrodestra, conferma di fatto lo status quo, cristallizzando tutte le ingiustizie che caratterizzano il nostro sistema fiscale». E tradendo, conclude la sottosegretaria, il principio «di equità orizzontale» secondo il quale «a parità di reddito si deve pagare la stessa imposta». Anche se Leu, con l'appoggio del Pd, ha comunque ottenuto di prevedere nella nuova bozza del testo che la riduzione graduale delle aliquote medie effettive Irpef parta «da quelle relative ai redditi medio-bassi».
Decisamente di altro tenore le dichiarazioni del coordinatore di Fi Antonio Tajani, che esulta per la mediazione che ha portato all'accordo. «Sul catasto spiega Tajani - abbiamo difeso la casa e abbiamo rispettato le richieste dell'Ue, facciamo emergere il sommerso che finirà nella casse dei Comuni che diminuiranno le tasse». E il «merito della mediazione», prosegue il coordinatore azzurro, «è di Fi, e devo ringraziare il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli». «Per fare questo serve cultura di governo», insiste il vicepresidente del Ppe, rimarcando come «l'accordo raggiunto su catasto e fisco rafforza l'esecutivo». E per sciogliere il nodo del catasto che aveva arenato il cammino della riforma per l'opposizione del centrodestra, si è eliminata dal comma 2 dell'articolo 6 la previsione di assegnare alle unità immobiliari che vedranno una revisione della propria rendita catastale anche un nuovo valore patrimoniale. E appunto si è previsto che, in caso di maggior gettito garantito dalla riforma, una quota sia utilizzata per ridurre «l'imposizione tributaria sugli immobili». Va oltre la deputata azzurra Erica Mazzetti, chiedendo al governo in una nota l'estensione del superbonus dagli immobili residenziali ai fabbricati strumentali delle aziende.
E se gli esponenti pentastellati in commissione Finanze Vita Martinciglio e Giovanni Currò si dicono soddisfatti dell'accordo, va all'attacco Giorgia Meloni. La leader di Fdi ricorda come, mentre tasse e rincari erodono i risparmi degli italiani, «la priorità del governo a trazione Pd» sia la riforma del catasto, che «non solo aumenterà le tasse sulla casa ma inciderà anche sull'Isee, lo strumento che serve per iscrivere i figli all'asilo, fare domanda per la casa popolare o chiedere la borsa di studio all'università». «Una follia, soprattutto in questo momento di crisi economica», conclude Meloni.
Critici i sindacati.
Il segretario confederale Uil, Domenico Proietti, parla di «scelte del governo» che sulla delega fiscale «non rispondono all'esigenza di una riforma equa e giusta», sottolineando l'importanza di affrontare «il nodo ineludibile dell'evasione fiscale». E Fabrizio Esposito della Sicet-Cisl, così come il segretario generale dell'Unione inquilini, Walter De Cesaris, bollano come «sbagliata» la scelta di «blindare la cedolare secca anche sugli affitti di mercato».
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