I "consigli" di Conte: "Il segreto di Stato andava usato subito". Renzi: fanno come Minniti

Gli ex premier analizzano il caso Libia. E la sinistra rinnega il suo ex ministro

I "consigli" di Conte: "Il segreto di Stato andava usato subito". Renzi: fanno come Minniti
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Sicurezza nazionale, ragion di Stato, segreto di Stato. Per rapportarsi con quella polveriera che è la Libia, dai tempi del colonnello Gheddafi a quell'insieme di fazioni armate che è oggi, i nostri governi per non avere problemi nei momenti di crisi hanno sempre coperto il loro operato con queste allocuzioni di rito.

Parlo di tutti i governi, di ogni colore, nessuno escluso. Il motivo è semplice: nella ragion di Stato, per citare Machiavelli, il fine giustifica i mezzi. E a volte la ragion di Stato fa a botte con le regole, con i diritti, con il comune senso del pudore. Con questi canoni non è spiegabile. Nel rapporto con Libia contano gli obiettivi non gli strumenti con cui raggiungerli: gli imperativi di volta in volta sono stati il salvaguardarsi da atti terroristici, gli accordi sul gas e il petrolio, il problema dell'immigrazione clandestina.

Anche nel caso del fermo e dell'espulsione generale Almasri - che sicuramente non è uno stinco di santo - la via maestra sarebbe dovuta essere quella di coprire la vicenda con il segreto di Stato. Lo ammette pure il premier dei governi più bislacchi della Storia, quelli con dentro i grillini. Spiega Giuseppe Conte in mezzo al Transatlantico di Montecitorio: «Il governo doveva mettere il segreto di Stato. Subito. Invece premier e ministri hanno gestito questa storia male mettendo in discussione anche la legalità internazionale. Eppure situazioni simili le hanno fronteggiate anche altri governi in passato. Non so come abbiano potuto compiere un tale errore, sono proprio di primo pelo».

Sentire un ragionamento del genere sulla bocca del leader dei 5stelle colpisce ma è difficile immaginare un'alternativa a quella di opporre il segreto di Stato. Non si può spiegare l'inspiegabile perché la gestione di queste «crisi» non segue logiche normali. Si finisce per confliggere con l'operato della magistratura e con la demagogia dell'opposizione. Chi sta al governo è sottoposto a obblighi ben diversi da quelli a cui deve sottostare chi è fuori dalla stanza dei bottoni. Perchè se un esecutivo non è più schermato dal segreto di Stato su argomenti così sensibili, viene subito investito dalla polemica politica. Ha spiegato un altro ex-premier come Matteo Renzi ai suoi: «La Meloni ha fatto un capolavoro a rigirare la frittata attaccando il procuratore di Roma Lo Voi, ma ora nel merito della vicenda è nella cacca: nella gestione dell'immigrazione dice di aver cambiato tutto e invece non ha cambiato niente. Fa come Minniti: aveva giurato di essere il nuovo, invece, è un Minniti con i capelli. Ma soprattutto se ha promesso di dare la caccia ai trafficanti di uomini come fa a spiegare che coi trafficanti lei ci stringe accordi e assicura loro il volo privato? Trump rimpatria gli immigrati, Meloni rimpatria solo gli organizzatori del business migranti».

Si può scommettere che il dibattito parlamentare sul generale Almasri, quando e se si farà, seguirà un simile copione. Ecco perché sarebbe stato meglio affrontare la questione nelle stanze ovattate del Copasir. Nelle aule parlamentari si paga un prezzo alla retorica e all'ipocrisia con Ely Schlein che è pronta a gettare all'ortica l'operato dei governi precedenti guidati del Pd che hanno avuto a che fare con il generale libico sulla cresta dell'onda dal 2015. «Ely se andrà a Palazzo Chigi - giura il capogruppo dei senatori, Boccia - non farà patti con personaggi di questo tipo». Appunto, dimentica Minniti per dirla con Renzi. E poi sono cose facili a dirsi ma non a farsi perché stare al governo ti impone delle responsabilità. Lo abbiamo visto sulla vicenda di Cecilia Sala dove il governo ha dovuto lasciar andare un venditore di morte iraniano.

«E se non avessimo liberato il generale - suggerisce il viceministro leghista Rixi - i libici avrebbero potuto prendere in ostaggio un aereo dell'Ati con relativi passeggeri visto che è l'unica compagnia che atterra a Tripoli. Per dirne una».

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