I dubbi sulla voce di Faki. Meloni chiese "verifiche" sullo scherzo dei russi

A cinquanta miglia a nord di Londra, nell'evocativa Bletchley Park battuta da una pioggerellina sottile ma costante, la giornata di Giorgia Meloni scorre via con un occhio alle vicende italiane

I dubbi sulla voce di Faki. Meloni chiese "verifiche" sullo scherzo dei russi
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A cinquanta miglia a nord di Londra, nell'evocativa Bletchley Park battuta da una pioggerellina sottile ma costante, la giornata di Giorgia Meloni scorre via con un occhio alle vicende italiane. Mentre la premier partecipa all'AI safety summit, la prima conferenza globale sull'intelligenza artificiale, fortemente voluta dal primo ministro britannico Rishi Sunak, da Roma rimbalzano sul suo cellulare le ultime bozze del disegno di legge costituzionale che introduce il premierato. Questa mattina, infatti, sarà approvato in Consiglio dei ministri, così come il dl sul Piano Mattei, e il testo a Palazzo Chigi viene limato fino all'ultimo minuto utile. Ma a occupare i pensieri di Meloni in questa giornata plumbea e ventosa nella contea del Buckinghamshire, c'è anche la vicenda della beffa russa, perché dall'Italia continuano ad arrivare strascichi della telefonata dei due comici moscoviti. Con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, che spiega come la premier avesse «capito subito» che era uno scherzo. E con le opposizioni che stanno pensando di chiedere a Meloni o al ministro degli Esteri Antonio Tajani di riferire in Parlamento sull'accaduto (o, se non fossero disponibili, di chiedere finanche un'audizione al Copasir). Con una domanda che scaturisce proprio dalla battuta che si lascia scappare Mantovano intercettato dai giornalisti a piazza Colonna: se chi ha la delega sull'intelligence conferma che la premier aveva sospettato fin dal principio circa l'autenticità del colloquio, cosa è stato fatto dai nostri Servizi e dalla nostra diplomazia nei 44 giorni intercorsi tra la registrazione della telefonata e a sua pubblicazione? Quello che filtra da chi ha avuto contatti diretti con Meloni è che la presidente del Consiglio ha dubitato da subito, tanto dal cercare su internet audio del suo presunto interlocutore, il presidente della Commissione dell'Unione africana Moussa Faki. E subito dopo avrebbe chiesto ai suoi uffici un «approfondimento», ricevendo però in prima battuta delle rassicurazioni. Di certo, spiegano da Palazzo Chigi, «saranno accertate le responsabilità» e «saranno presi provvedimenti adeguati».

Di questioni interne, insomma, Meloni se ne porta dietro tante in questa trasferta in terra inglese, che si chiude senza neanche un punto stampa (cosa che non accadeva da tempo). La premier, insomma, di parlare non ha granché voglia. A Bletchley Park la tenuta dove durante la Seconda guerra mondiale il matematico Alan Turing e un gruppo di studiosi si dedicarono a decriptare i messaggi della Germania nazista, creando il gigantesco calcolatore meccanico «Bombe» che riuscì a sconfiggere le codifiche della tedesca «Enigma» partecipa a due tavole rotonde e, politicamente, dà il suo pieno sostegno a Sunak. Il primo ministro inglese, infatti, sta sì guardando al futuro affrontando una tematica decisiva come quella dei rischi, delle opportunità e della governance globale dell'intelligenza artificiale, ma è anche mosso da inevitabili ragioni industriali e geopolitiche, a partire dall'idea di fare del Regno Unito un hub nella corsa alle nuove tecnologie, provando a incunearsi fra due giganti come Stati Uniti e Cina. Non è un caso che Joe Biden, pur mandando in sua rappresentanza la vicepresidente Kamala Harris, abbia deciso di emettere un ordine esecutivo che impone restrizioni all'AI proprio a pochi giorni dal summit inglese. Come pure non è strano che Sunak abbia temporeggiato a lungo prima di invitare Pechino, rappresentata alla fine solo da un viceministro della Scienza. Allo stesso modo, non è passata inosservata l'assenza del presidente francese Emmanuel Macron e del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Pur con queste criticità, il summit si è concluso con la «Dichiarazione di Bletchley», un documento firmato da un centinaio tra leader mondiali (tra cui 28 Paesi Ue), protagonisti del mondo della tecnologia e studiosi, tutti a favore di uno «sviluppo sicuro» dell'intelligenza artificiale, auspicando una «cooperazione» per «affrontarne i rischi» che «includono potenziali violazioni della privacy e l'eliminazione di posti di lavoro». Temi su cui si è soffermata anche Meloni nel corso del suo intervento. L'AI, ha detto, «è destinata a incidere sugli scenari geopolitici e sugli equilibri attuali», comporta opportunità e rischi ed è per questa ragione che servono «meccanismi di governance multilaterali per garantire barriere etiche all'intelligenza artificiale».

La premier, che in mattinata ha avuto con Sunak un bilaterale a 360 gradi, ha chiuso il suo intervento a Bletchley Park ribadendo che il G7 in programma in Italia a metà giugno darà ampio spazio alle tematiche relative all'intelligenza artificiale, con una Conferenza ad hoc che si terrà proprio in quei giorni a Roma.

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