No, lady Soumahoro non era una semplice segretaria. Per Liliane Murekatete, moglie del deputato italo-ruandese, il giudice che l'ha fatta arrestare l'altro ieri indica elementi che dimostrano come la donna avesse un ruolo cruciale all'interno della Karibu, la «cooperativa integrata sociale» diretta da sua madre Marie Therese Mukamitsindo. A incastrare Liliane ci sono mail, documenti contabili, bonifici bancari a favore di se stessa, l'elenco impressionante delle spese personali. E c'è soprattutto la testimonianza del commissario liquidatore inviato a chiudere la Karibu, dopo che la spregiudicata gestione delle due donne ne aveva dissanguato le casse.
Scrive il liquidatore: «La Murekatete era attivamente coinvolta nella gestione della cooperativa, svolgendone effettive attività di direzione e controllo, tanto da assumere determinazioni finalizzate ad orientare l'attività dell'impresa». Dall'analisi di un messaggio di posta elettronica, il commissario «apprende come la stessa avesse effettivo potere di controllo sui collaboratori». La moglie di Aboubakar Soumahoro, insomma, dimostrava di «essere pienamente calata nel ruolo di amministratore-manager».
Sono giudizi che sembrano lasciare poco spazio alla linea difensiva della donna, che (sostenuta in questo dal marito-deputato) ha sempre puntato a minimizzare il proprio ruolo nella cooperativa presieduta dalla madre. La Murekatete è arrivata a sostenere che le sue firme sui documenti in cui accettava le cariche di amministratrice o quelle in cui sottoscriveva i verbali del Consiglio d'amministrazione erano state falsificate da chissà chi. Vero? Poco conta, scrive il giudice, «a fronte della comprovata consapevolezza e del compimento diretto di atti». Conclusione: «Gli accertamenti smentiscono il risibile tentativo difensivo teso a dimostrare la non consapevolezza di quanto effettivamente accadesse all'interno della Karibu».
Tra gli atti compiuti dalla Murekatete che dimostrano il suo ruolo di punta nelle attività di Karibu, il giudice cita anche due episodi che dimostrano la contiguità della cooperativa con gli ambienti del centrosinistra: nella relazione del commissario si fa esplicito riferimento «all'incontro a Milano con il sindaco Giuseppe Sala e il deputato europeo Pierfrancesco Majorino».
Mentre bussava alle porte dei big, lady Soumahoro si occupava attivamente di svuotare le casse della cooperativa, sottraendo milioni di euro incassati per progetti di accoglienza ai profughi. Delle sue spese personali erano già emersi dettagli sconcertanti durante le indagini. L'ordinanza di arresti domiciliari si concentra su un aspetto meno noto, il drenaggio continuo di denaro in direzione Africa, nonostante che «nessuno dei progetti della Karibu prevedeva attività all'estero».
Dai conti della cooperativa partono in continuazione bonifici in direzione Ruanda, «risulta che il principale beneficiario (diretto o indiretto) degli importi ricevuti all'estero sia risultato Richard Mutangana, soggetto impegnato a reinvestire il profitto illecito»: si tratta del fratellastro di Liliane, che usa i soldi anche per aprire un ristorante insieme alla moglie italiana Valeria Giglioli. Ma i progetti di business erano anche altri: «Basti pensare ai pagamenti per complessivi euro 185mila disposti in favore di Karibu Rwa con sede in Kigali (Ruanda), società di diritto inglese costituita nel 2010 avente ad oggetto escursioni in Ruanda, Uganda, Kenya e Tanzania». Con i soldi che dovevano sfamare e istruire i migranti, loro ci organizzavano i safari per turisti ricchi.
«Struttura delinquenziale organizzata a livello familiare», la definisce il giudice preliminare, «gli illeciti sono tutt'altro che occasionali».
E lo sapevano anche le due donne: l'anno scorso, quando in ufficio arrivano i carabinieri, cercano di disfarsi precipitosamente dei documenti contabili. Ma ormai è tardi, e i militari li recuperano nella raccolta differenziata.
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