I giallorossi senza accordo persino sul fine emergenza

Italia Viva e Pd frenano Conte che voleva la proroga Speranza: "Stop il 31". L'obiettivo: limitare i Dpcm

Il ministro della Salute, Roberto Speranza
Il ministro della Salute, Roberto Speranza

Roma. Il governo litiga sulla fine dello stato di emergenza per l'epidemia coronavirus. La maggioranza balla su tre date: 31 luglio, 31 ottobre, 31 dicembre. Quando chiudere la fase di poteri straordinari? Il premier Giuseppe Conte ha tentato la furbata, chiedendo la proroga fino al 31 dicembre dello stato di emergenza: una mossa per blindare la permanenza a Palazzo Chigi. La fuga in avanti del capo del governo ha creato malumori in ambienti della maggioranza (Pd e Italia Viva). Ma nelle ultime ore, anche la seconda opzione, proroga fino al 31 ottobre dell'emergenza, sembrerebbe a rischio. Il ministro della Salute Roberto Speranza sarebbe orientato a chiudere lo stato emergenza il 31 luglio, lasciando al Parlamento e ai ministri competenti interventi speciali mirati. Una linea già anticipata nell'intervento dello stesso Speranza alla Camera e al Senato: «Credo risulti evidente a tutti che io non consideri terminata e archiviata la fase di emergenza. Il punto aperto è discutere di quali siano gli strumenti formali più adeguati per affrontarla».

La priorità è sottrarre al presidente del Consiglio l'arma dei Dpcm. In ogni caso, la decisione sulla proroga o meno dello stato di emergenza (in scadenza il 31 luglio) non è stata ancora presa. Nella maggioranza si discute. Si tratta. Ma soprattutto si attende il rientro del premier Conte dal vertice Ue per ufficializzare la decisione. L'orientamento sarebbe, comunque, di uno stop all'emergenza. Nonostante il virus resista e il traguardo del contagio zero sia ancora lontano. I nodi da sciogliere sul tavolo del governo sono più di uno. A partire dai poteri del commissario speciale Domenico Arcuri, in scadenza il 31 luglio. Si fa largo l'ipotesi di un decreto legge per salvaguardare corsie veloci per gli acquisti e smart working. Allo stesso modo in capo al ministro Speranza resterebbero poteri speciali in materia sanitaria. Con l'uscita dello stato di emergenza, il Parlamento ritornerà centrale nell'assunzione di decisioni post-covid. Ma nel governo non c'è una linea unanime. Il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia frena: «Il Covid c'è, non è mai scomparso. Non ci saranno limitazioni della libertà personale. Nonostante i tentativi di alcuni di fare gli ottimisti a prescindere il dato oggettivo è che il mondo ha vissuto la peggiore settimana dall'esplosione del Covid», dice in un'intervista al Corsera.

Boccia insiste: «Se noi, senza fare terrorismo, manteniamo alta la tensione, è perché il 70% dei positivi lo abbiamo ancora in casa. Quando ribadiamo che lo stato di emergenza è una sorta di scudo per tutti è perché consente alle Regioni di agire in emergenza e intervenire in sostegno di imprese, lavoratori e famiglie in deroga alle norme vigenti». A Boccia replica Italia Viva.

«Domando al ministro, ma se c'è emergenza sanitaria, come mai non abbiamo ancora capito quanto serve alla sanità? E poi: se c'è l'emergenza, perché tardiamo ancora a prendere i 37 miliardi del Mes?», scrive su Facebook il presidente dei senatori renziani Davide Faraone. Tensioni che allontano l'intesa.

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