I giudici utilizzano Hitler. "No al decreto Paesi sicuri"

Il tribunale di Bologna chiede l'intervento della Corte Ue. E fa l'esempio della Germania nazista

I giudici utilizzano Hitler. "No al decreto Paesi sicuri"
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Fatta la legge, trovato il rimpallo (alla Ue), rimestando, per non farsi mancar niente, tra i fantasmi del nazismo. La velocità con cui il governo ha varato il decreto legge sui Paesi sicuri, per superare (trattandosi di norma primaria) i decreti interministeriali che fino a pochi giorni fa stabilivano l'elenco dei Paesi di provenienza dei migranti considerati non pericolosi per i rimpatri, non ha fermato l'altrettanto veloce replica della magistratura. Replica che arriva grazie al ricorso di un cittadino del Bangladesh, sulla scorta del quale il tribunale di Bologna ha chiesto alla Corte di giustizia europea di pronunciarsi sull'argomento, chiarendo se in tema di identificazione dei Paesi sicuri debbano valere le norme nazionali o quelle della Ue. Ma oltre a porre il quesito, i giudici del capoluogo emiliano spingono sull'acceleratore, utilizzando nell'ordinanza un tono quasi da comizio politico.

Nel decreto legge il governo ha eliminato il criterio della «porzione non sicura» di un Paese, quello che ha provocato la mancata convalida dei trattenimenti per i 12 migranti destinati all'Albania, essendo il motivo alla base della sentenza della Curia Ue che aveva accolto il ricorso del cittadino moldavo contro la Repubblica Ceca, essendoci in Moldavia una regione, la Transnistria, decisamente non sicura. E così, anche se dal 2026 il nuovo Patto su migrazione e asilo tornerà a contemplare la possibilità di designare un Paese come «parzialmente sicuro», intanto l'esecutivo ha eliminato dalla lista dei Paesi d'origine sicuri Camerun, Colombia e Nigeria, che hanno zone pericolose. Tutto risolto? Macché.

Per tutta risposta, le toghe bolognesi fanno all-in sull'altro criterio usato dalla direttiva Ue del 2013 per definire un Paese sicuro, ossia quello che valuta il rischio per determinate categorie di persone, per esempio, in Bangladesh, gli appartenenti alla comunità LGBTQ+.

Ma l'esempio dei giudici emiliani è diverso: la Germania nazista. Che sotto Hitler, scrivono, «paradossalmente» era «un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari». Una situazione simile, rimarcano ancora le toghe, a quella «dell'Italia sotto il regime fascista», e per il tono usato viene da chiedersi se parlino ancora del passato.

Insomma, secondo il tribunale di Bologna, poiché «il sistema di protezione internazionale» si rivolge a tutelare in particolare «le minoranze esposte a rischi provenienti da agenti persecutori, statuali o meno», considerare sicuro un Paese che lo è per la maggioranza svuoterebbe la nozione «di qualsiasi consistenza

giuridica». Almeno finché la Commissione rimetterà mano (entro il 2025, ha assicurato Ursula von der Leyen) al «concetto di Paesi terzi sicuri designati». Riducendo la discrezionalità dei giudici nello «sgambettare» Meloni.

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