Mosca. Si chiamano corridoi umanitari. Ma oltre a garantire la sicurezza dei civili servono anche ad accelerare le operazioni militari. E i generali russi lo sanno bene. In Siria il loro impiego è stato fondamentale per strappare i centri abitati ai gruppi jihadisti pronti a usare i civili come scudi umani. In Ucraina non è possibile parlare di scudi umani, ma la soluzione è ugualmente cruciale per consentire a Mosca di dispiegare la propria superiorità militare. Ma garantire vie di fuga serve anche a non dilapidare il consenso delle popolazioni russofone prigioniere dello stesso assedio. E a prevenire carestie e disastri umanitari imputabili alla Russia. Non a caso ieri i vertici militari di Mosca li hanno messi al centro del secondo round di negoziati avviato a Brest, al confine tra Bielorussia e Polonia, e concluso da un accordo che prevede il cessate il fuoco temporaneo. «La parte russa ha già creato tutte le condizioni necessarie per un'evacuazione sicura. Siamo pronti a creare corridoi umanitari appropriati in qualsiasi direzione», spiegava Mikhail Mizintsev, capo del Centro di controllo della Difesa nazionale russo. E anche il consigliere del presidente ucraino Mikhailo Podoliak confermava come all'ordine del giorno vi fossero «cessate il fuoco immediato, armistizio e corridoi umanitari per l'allontanamento di civili da villaggi e città distrutti o costantemente bombardati». La conferma degli ucraini rappresentava un'apparente anomalia visto che i «corridoi» rischiano ora di favorire l'offensiva russa. Ma il governo di Volodymyr Zelensky, sempre molto attento a un fronte della comunicazione su cui ha raccolto indiscussi successi, ha preferito evidentemente non esibire un'evidente contrarietà a una proposta capace di garantire la salvezza di vite civili. Anche perché negoziandola ha ottenuto un cessate il fuoco temporaneo rifiutato, sin qui, da una delegazione russa che continuava a ribadire di voler «completare comunque gli obbiettivi militari».
Ma dunque per quale ragione i russi pretendono misure capaci di garantire l'incolumità dei civili? La prima, e anche la principale, è consentire l'evacuazione dei centri abitati in modo da colpire al meglio con artiglieria, missili e aviazione le infrastrutture militari e i centri di comando e comunicazione. Poterlo fare senza venir accusati di uccidere donne, bambini e non combattenti è fondamentale per non offrire a Europa e Stati Uniti l'occasione d'imputare al Cremlino eventuali crimini di guerra. Senza contare che lo sgombero della popolazione dalle città assediate facilita l'individuazione delle posizioni della resistenza ucraina consentendo di colpire i convogli di armi e munizioni destinati a rifornirli. Un'operazione essenziale per neutralizzare gli aiuti provenienti da Europa e Stati Uniti, ma resa impossibile, fin qui, proprio dalla sovrapposizione di linee civili e militari. La seconda ragione per cui Mosca ha premuto per ottenere i «corridoi» è strettamente politica. Nella morsa dell'assedio sono imprigionate anche quelle comunità ucraine di origine o lingua russa che rappresentano il 30 per cento della popolazione e vivono nelle regioni interessate dalle operazioni. Oggi, secondo fonti dei fuoriusciti filo-russi a Mosca, la durezza dell'intervento starebbe erodendo i sentimenti di fedeltà alla Russia che caratterizzano la comunità. Un segnale amplificato mercoledì dalla «no» alla guerra di Natalya Poklonskaya. Vice presidente di origini ucraine di un'organizzazione legata al Ministero degli Esteri di Mosca la Poklonskaya è un'icona della comunità di lingua russa. Nel 2014, infatti, si dimise da procuratrice della Crimea governata da Kiev denunciando come «neo-fascisti» i dimostranti di Euro Maidan. Oggi il suo ultimo «no» evidenzia, invece, gli effetti di una guerra prolungata capace di prosciugare i consensi di un eventuale governo provvisorio filo-russo. La terza e ultima ragione per cui Mosca punta sui corridoi umanitari è il rischio di una devastante crisi umanitaria causata dalla mancanza di derrate alimentari.
L'imprevista resistenza del governo Zelensky richiederà un intervento assai più lungo del previsto e minaccia di trasformare l'Ucraina in un deserto privo di risorse dove la sopravvivenza sarà messo a repentaglio anche dalla mancanza di cibo e medicine. Un'altra tragedia imputabile al Cremlino e che solo un evacuazione di massa può evitare.
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